LE
NOSTRE FONTI
Suor Ada Taschera
Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti
in tutti i tuoi passi
(Sal
90, 11)
Episodio quasi incredibile, ma vero, raccontato da suor Ada Taschera Fondatrice della P.O.R.A.
Il Signore ci ha sempre aiutato anche nei modi più impensati per questo abbiamo tanta fiducia.
Proprio in questi giorni mi è venuto in mente un episodio capitatomi in tempo di guerra. Ve lo voglio raccontare.
Una di queste domeniche ero china su di un chierichetto (della Parrocchia del Convitto) per aiutarlo ad abbottonarsi la vestina. "Noi siamo i nuovi chierichetti" mi disse, come per scusare il perché non erano tanto pratici nel vestirsi.
"Siete i più piccoli? Ma caro, lo vedo che sei piccolo!"
Ad un tratto, un ricordo: risentii la mia stessa affettuosa inflessione di voce, quel "ma caro!” l'avevo pronunciato un'altra volta con lo stesso tono ed affetto. Quando?
Certo in una terribile giornata dî guerra dell'ottobre 1942. Era domenica anche allora... Avevamo sfollato la famiglia il giorno prima e quella mattina, io e mio fratello eravamo tornati in città per prendere ancora un po’ d’indumenti. Nella notte vi era stato un terribile bombardamento su Genova. Arrivati a casa con quattro valigie vuote, io e mio fratello cominciammo a riempirle di tutto quello che ci sembrava più utile e indispensabile, ma... a forza di infilare roba erano diventate talmente pesanti che a stento si potevano sollevare. Ci avviammo con due valigie ciascuno e come Dio volle, dalla nostra casa di Corso Paganini arrivammo a metà della galleria che da Piazza Portello porta all'Annunziata. Ero sfinita e buttandomi a sedere su di una panca con le mie due valigie ai piedi, dissi a mio fratello: "lo non ce la faccio più, tu vai perché a casa stanno in pensiero; io sto qui sotto la galleria... morire per morire!"
Mio fratello non disse nulla e si avviò. Bisognava andare alla stazione di Sampierdarena per prendere il treno perché in seguito al bombardamento i treni non potevano sostare alla stazione Principe. Per arrivare alla stazione di Sampierdarena si doveva prendere il tram che si fermava un po’ lontano da dove mi trovavo.
Quello che passava dentro di me in quei momenti non lo saprei dire, ma certo una grande, vera rassegnazione alla volontà di Dio.
A un tratto mi si presentarono davanti due bambini, e non erano più alti di quel chierichetto. “Signora, vuole che le portiamo le valigie?“.
Mi scossi, li guardai con tenerezza e dissi: “Ma cari, come volete trasportare queste valigie che sono più alte di voi? Non posso portarle neppure io!”. “Ma noi ce la facciamo!”
Senza darmi il tempo di insistere, presero le valigie e si avviarono fuori della galleria.
Quando furono all'angolo, non so se di via Cairoli o di via Lomellini, deposero le valigie, si voltarono indietro verso di me che li seguivo e mi dissero: “Ora non possiamo più venire avanti”.
“Ma allora era meglio che mi aveste lasciato sotto la galleria al coperto... Un po’ più al sicuro... ora sono qui con queste due valigie!”.
“Signora, adesso ne verranno altri due più alti di noi”. E rifiutando la moneta che volevo dar loro, corsero via attraversando la strada. Non erano ancora scomparsi che mi vennero vicino altri due bambini più grandicelli.
“Signora, siamo venuti noi a portare le valigie!”.
“Voi siete un po' più robusti, ma guardate che pesano e bisogna portarle lontano... fino alla fermata del tram”.
“Sì, sì le porteremo fin là!” e si avviarono con più speditezza e meno curvi degli altri. E io dietro...
Quando arrivammo alla fermata del tram, mio fratello aveva appena posato le valigie e stava tornando indietro per venirmi a prendere. La sua meraviglia fu grande quando vide che ero arrivata a tempo a lui e seppe che ad aiutarmi erano stati dei bambini venuti chissà da dove e chissà perché in mio aiuto.
Il momento difficile e grave non permetteva tanti discorsi.
La difficoltà di salire sul tram... quella ancora maggiore di salire poi sul treno stipato fino all'inverosimile... Il pericolo di quella lunghissima sosta del treno alla stazione di Sampierdarena, allo scoperto... Se fosse soltanto comparso un aereo all'orizzonte, ci saremmo uccisi tutti per la fretta di scappare. Pregavo con tutte le mie forze e raccomandavo a mio fratello di pregare finché... il treno si mosse.
Arrivati a Ronco il treno non poté più proseguire perché c'erano stati altri bombardamenti, perciò depositammo le valigie presso il sacrestano della Parrocchia e proseguimmo a piedi, a stomaco vuoto e al buio, fino a Pietrabissara dove eravamo sfollati.
Questa una delle tante avventure del tempo di guerra che mi è venuta in mente mentre aiutavo quel chierichetto a vestirsi.
Chi erano quei bambini? Io non lo so... Voi lo sapete?
Posso solo dire che da quel giorno mi è rimasto impresso nel cuore qualcosa e quando mi si presenta un compito che mi pare superiore alle mie forze, dico: "Ebbene, io farò quello che posso... Il Signore manderà poi i suoi angeli ad aiutarmi”.