PRESENTAZIONE
Cari lettori,
innanzitutto auguro a tutti un anno ricco di pace nel Signore!
Nel
2005 ricorderemo i dieci anni dalla morte dei nostri cari Fondatori
Suor Ada Taschera e Mons. Luigi Recagno. Nella nostra memoria sono
ancora vivi i loro esempi di fede e di abbandono al Signore, di fiducia
nella Sua Provvidenza e di amore verso il Sacerdozio e i Sacerdoti.
Chiediamo al Signore la grazia di continuare a vivere la nostra vocazione
sulla loro scia e con la loro intercessione.
In
questo numero del nostro periodico troverete alcune parole dei nostri
Fondatori, la testimonianza di Don Roberto, sacerdote novello, alcune
notizie di casa: l’estate a Perletto, Suor Lorenza che ha rinnovato
per la prima volta la sua Professione religiosa, gli Esercizi spirituali
di alcune di noi…
Ci
affidiamo alla vostra preghiera perché il Signore arricchisca la Piccola
Opera di nuove vocazioni, perché susciti nella Chiesa persone desiderose
di donare la loro vita e le loro energie per i Sacerdoti, per la loro
santificazione, perché siano sempre più trasparenza del Signore Gesù.
Suor
Maria Giuseppina
Le nostre fonti
Suor Ada Taschera
Pubblichiamo parte di una lettera scritta dalla
Fondatrice Suor Ada Taschera alle Suore che erano a Perletto nell’estate
del 1970.
Carissime,
siamo a Cividale. Bel tempo, per ora clima ottimo, freschetto,
una coperta di lana alla notte e un golf di giorno. Non durerà così,
verrà certo il caldo, ma questa pace, questo verde intensissimo, questa
arietta nessuno ce la potrà portar via.
... Mi sento meglio... Stando meglio mi siete venute tutte
in mente, tutte davanti nelle diverse case e con le diverse necessità.
Vorrei poter essere vicina a tutte, aiutare tutte e invece devo stare
attenta a me stessa se non voglio aggiungervi un peso. So che domenica
è andato tutto bene anche se per i preparativi avete fatto molta fatica.
Spero che adesso ( se ci sono ancora pochi Sacerdoti ) possiate un
po’ distendervi prima di iniziare il lavoro a pieno ritmo. Non createvi
lavoro più del necessario, tenete conto delle necessità una dell’altra.
Mi dà pensiero Suor... perché so che non sta proprio bene... Nelle
ore libere che stia fuori perché l’aria di Perletto le farebbe bene...
Cercate di organizzarvi con carità per tutte e con intelligenza:
la miglior resa con il minor spreco di energia. Ho mandato Suor...
perché così, poverina, si prende un po’ d’aria buona. Bisogna far
di necessità virtù. Intanto è con voi, in casa sua e se non altro
ha il conforto della comunità.
Vogliatevi bene, aiutatevi, siate fiduciose nonostante
tutto.
Il Signore ci ama. Ci prova ma ci ama e ci amerà sempre
di più se non ci scoreggeremo e avremo completa fiducia e abbandono
in Lui.
A me fa male quando sento certi discorsi e certi dubbi
e penso che altrettanto male faccia al Signore. Siate sollecite del
bene e della gloria di Dio, siate madri per i Sacerdoti che il Signore
vi ha mandato e vi manderà, siate dolci, ma forti, senza smancerie.
Pensate che il nostro compito è santo e sacro e insostituibile anche
se tante volte non è compreso e apprezzato... Una madre non dà peso
all’apprezzamento dei figli. Una madre dà. Tante volte i figli non
pensano neppure a quello che è e fa la mamma; se ne accorgono solo
quando la mamma viene a mancare.
Dobbiamo conservare intatto lo spirito dei primi tempi.
Donare senza chiedere niente in cambio.
Se saremo veramente generose, senza contare, senza soffermarci
in varie lamentele, se saremo fiduciose senza alcun dubbio, il Signore
non mancherà di benedirci.
E’ indubbio che abbiamo momenti di prove, è indubbio che
la nostra fiducia è messa alla prova, ma i primi tempi erano forse
migliori? Che cosa ha vinto? La nostra fede.
Quindi la benedizione di Dio, l’avvenire dell’Opera è
prima di tutto nelle nostre mani: nella nostra fede.
Accettate con umiltà la mia “predica”. Se ve la faccio
è segno che ne avete bisogno. Meditate e vedrete che è vero. Quello
che dico a voi è per tutte e lo scrivo a tutte.
Siate salde, abbiate fede, amatevi; soprattutto amatevi...
e vedremo presto fiorire la pianta.
Certo abbiamo fatto fatica, ma con la fede, la fermezza
e soprattutto la carità reciproca abbiamo potuto tenere aperte
tutte le case (in questo periodo estivo)... Non abbiamo forse sopperito
alle necessità di tutte dando un po’ di riposo anche a chi ne aveva
bisogno? Con sacrificio, è vero, ma il Signore ci ha benedette.
Costa, si capisce, ma a Lui non è costato salvare il mondo? L’importante
è che il sacrificio sia fecondo... Pensate e meditate un poco
e vedrete come il Signore ha “giocato”. Ha nascosto le carte e poi
le ha tirate fuori. Con fatica di tutte, s’intende, ma crediamo forse
di vivere di rendita? Sono sicura che sarete contente di sentirmi
così “viva”.
Vi saluto tutte, vi benedico, vi penso e prego per ciascuna.
La
Direttrice
Le nostre fonti
Mons. Luigi Recagno
Riportiamo gli appunti di un’ Omelia di Mons. Recagno
per la festa della rinnovazione dei Voti Religiosi delle suore della
PORA.
Tenendo presente la sua insistenza nel ripetere che “
l’aiuto più efficace che si può dare ai Sacerdoti è la preghiera,
il sacrificio e lo sforzo costante della propria santificazione”,
si capisce perché abbia voluto proporre queste riflessioni che riguardano
propriamente il sacerdote. Esse sono un invito per tutti e in particolare
per chi condivide l’ideale della PORA, a intensificare la preghiera
e l’offerta per i Sacerdoti, perché siano sempre all’altezza
della loro Vocazione.
“Rinnovate i voti guardando al Sacerdote Sommo ed Eterno
e ai Sacerdoti...
Ho pensato di invitarvi a riflettere, in questa circostanza,
su alcuni pensieri dell’abate Enrico Huvelin (1838-1910) direttore
spirituale di Charles de Foucauld, riguardanti i Sacerdoti.
Alla luce di tali pensieri, possiamo guardare anche a
noi stessi... “Non pregheremo mai abbastanza per i preti!”
“Non accusiamoli mai; la parte umana non può macchiare
quella che Dio ha messo in loro e che è e resta intangibile”.
La responsabilità del Sacerdote
* La responsabilità del loro sacerdozio è schiacciante!
Hanno la responsabilità delle anime perché la grazia passa attraverso
ad essi. Come Nostro Signore è salito sulla croce portando con sé
le anime di tutti gli uomini, portando le loro miserie, il prete deve
salire l’altare portando le anime di tutti gli uomini. Dalla Sua mano
riceve le anime che Egli gli affida, a Lui dovrà restituirle.
* Il Sacerdote nel Confessionale deve guardare il peccatore
con lo sguardo stesso del Cristo e versare nella sua anima tutto il
bene possibile.
Per guidare le coscienze bastano pochi principi ai quali
si può ricondurre tutta la vita spirituale.
Il Confessore è come un medico: il medico aiuta la natura,
così il prete non deve imporre le sue idee, ma semplicemente aiutare
la grazia.
Sì, la direzione spirituale rappresenta un potente stimolante
per la perfezione (dell’anima diretta e del Direttore Spirituale).
Essa inoltre rischiara i propri difetti ... Il Sacerdote si rende
conto che lo strumento è inadeguato all’opera. Poi di fronte
a ciò che bisognerebbe fare, sente prima di tutto la propria miseria.
Spesso la vista di anime così belle, così semplici lo costringe a
pensare alla sua anima...
* Il Sacerdote offre a Dio un sacrificio interiore, il
sacrificio di sé. Dà a Dio la sua anima tutta intera. Vittima
per la mortificazione delle passioni, egli offre se stesso come prima,
nella Messa, ha offerto a Dio il Suo Figlio. Tale la vita, tale l’esercizio
perpetuo del prete.
* Il mezzo per attirare le anime non consiste nell’attenuare
la dottrina, ma nel presentarla in tutta la sua purezza e bellezza.
Seguendo sempre i pensieri dell’abate
Huvelin:
* Ho una grande paura quando si tratta di vocazione,
di quelle anime che hanno molta pratica religiosa, ma poca generosità.
* Il prete cerca nelle anime la speranza che rimane in
loro, il bisogno particolare che Dio vi ha scavato, mentre il mondo
non vede che le passioni, l’interesse, l’ambizione.
Il prete va nelle case dove abita il dolore... Egli è
amministratore delle cose di Dio e non deve perdersi in altre storie.
Quando nostro Signore vive nell’anima del prete, lo inclina
verso i poveri... In questo mondo in cui vediamo la potenza, le ricchezze
onorate, sarebbe una grande disgrazia se si potesse pensare che anche
il prete cerca queste cose.
* Non si può calcolare il bene che può fare un prete animato
dallo Spirito di Dio; immaginare poi un gruppo di preti!
Il prete è un uomo “mangiato”.
* Allorché il giovane ha detto a se stesso: “Farò il bene,
lo farò là (dove la Provvidenza mi manda), avrò la forza di rimuovere
certe cose, saprò fare a meno di una famiglia. Non sarò né egoista,
né interessato, dal momento che avrò per me Dio a cui mi dono e che
si dona a me”... allorché il giovane ha ragionato in questa maniera,
può entrare in Seminario.
* Se il prete vuol fare il bene, non deve perdere la presenza
di Dio, la quale distrugge l’egoismo, questo orgoglio che giunge fino
all’altare per “arraffare” ciò che appartiene a Dio.
Il prete deve salire verso Dio e discendere verso gli
uomini. Nostro Signore si presenta a Dio nell’Offertorio, si immola
nel momento della Consacrazione, si dona nella Comunione; tutto a
Dio, tutto agli uomini: sono due cose correlative.
* Non esiste la vera carità se non si ha l’amor di Dio.
Il prete trova nella cura delle anime la conseguenza e la condizione
del suo amor di Dio; l’oblazione e la distribuzione si corroborano
a vicenda.
Il prete dirà: chiedetemi un affetto più divino, della
carità, un po’ di coraggio in certe ore... ma ve ne supplico, chiedetemi
ciò che ho ricevuto. E’ quanto c’è di meglio nel cuore del Sacerdote.
Infatti questo cuore si dilata soltanto donandosi”.
Le nostre fonti
Mons. Valentino Vailati
ADORARE, RINGRAZIARE, OFFRIRE
Il sacerdozio nasce in una cornice storica grave
di tanti misteri: ecco la debolezza, il turbamento degli apostoli
durante la Cena; il sonno dei prediletti nell'oliveto del Getsemani
e poi la fuga di tutti, appena avvenuta la cattura di Cristo; e poi
il rinnegamento di Pietro e la fragilità degli altri dinanzi alla
perfidia dei connazionali e al sogghigno beffardo dell'autorità romana;
ecco la condanna, la passione, la morte di Colui che il giorno prima
aveva fatto di dodici pescatori i suoi ministri, dicendo: "fate questo
in memoria di me".
C'è motivo di affermare che il sacerdozio nasce in un
momento tragico e in modo misterioso.
È stato detto che nasce in uno "scandalo di mistero",
prendendo così un timbro, una fisionomia, che si porterà dietro nel
corso dei secoli, e che nessuno riuscirà mai a cancellare. ' È la
storia del sacerdozio cattolico, intimamente connessa con la storia
della Chiesa e quindi con il mistero della salvezza.
Quale deve essere il nostro atteggiamento, dico di noi
sacerdoti ministri dell'altare, già presenti nella elezione di Cristo
(Ego elegi vos...), nel primo giovedì santo?
Penso di esprimerlo con questi tre verbi: adorare, ringraziare,
offrire.
ADORARE
Prima di tutto "adorare".
L'oggetto di questo supremo atto di fede è una persona,
Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, che il Padre ha destinato ad essere
il sacerdote nuovo, che supera e trascende tutte le forme del sacerdozio
antico. "A somiglianza di Melchisedek sorge un altro sacerdote, che
non è diventato tale per ragioni di una prescrizione carnale, ma per
la potenza di una vita indefettibile... Egli possiede un sacerdozio
che non tramonta" (Eb. 7,15ss).
Cristo è il sacerdote della nuova ed eterna Alleanza,
che congiunge, veramente in comunione di vita, Dio e gli uomini tra
loro.
È il sacerdote che offre in sacrificio se stesso, per
salvare coloro che per mezzo di lui si accostano a Dio (Eb. 7,26-27;
9,11-15).
La dignità di Cristo è così grande, il suo servizio è
così grande e completo, che il titolo di "sacerdote", negli scritti
del Nuovo Testamento, è riservato unicamente a Lui. Quelli che noi
chiamiamo sacerdoti (i Vescovi e i Presbiteri), nel Nuovo Testamento
sono sempre chiamati semplicemente col nome della loro mansione o
del loro ministero: "sovraintendenti e anziani".
L'Eucarestia e la morte in Croce sono, per Gesù Cristo,
l'atto sacrificale supremo, che svela e compie l'intenzione salvatrice
dell'intera sua vita.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con
la tua morte hai redento il mondo!
"O ammirabile potenza della Croce! O ineffabile gloria
della passione, in cui troviamo riuniti insieme il tribunale del Signore,
il giudizio del mondo e il potere del Crocifisso!
Sì, o Signore, tu hai attirato a te tutte le cose, perché
ciò che si svolgeva nell'unico tempio della Giudea, fosse celebrato
da ogni popolo, in ogni luogo, con religiosità sincera e culto solenne
e pubblico. Ora infatti più nobile è la gerarchia dei leviti, più
augusta la dignità dei presbiteri, più santa l'unzione dei Vescovi,
perché la tua Croce, sorgente di tutte le benedizioni, è causa di
tutte le grazie.
Per essa viene elargita ai credenti la forza nella loro
debolezza, la gloria nell'umiliazione, nella morte la vita. Ora l'offerta
unica del tuo corpo e del tuo sangue, sostituisce pienamente tutte
le specie di vittime, perché tu sei il vero agnello di Dio, che togli
i peccati del mondo" .
RINGRAZIARE
Se l'adorazione è l'atteggiamento più degno del sacerdote
che partecipa al mistero del sacerdozio di Cristo, il ringraziamento,
la riconoscenza debbono esserne la conseguente espressione.
"Eucaristia" non vuoi forse significare un ringraziamento
che scaturisce dalla fede e si sviluppa nella gioia più profonda?
Proprio così: il prete ringrazia e gioisce nei primi tempi della sua
ordinazione, come nell'esperienza di una lunga vita; negli slanci
più aperti e meglio corrisposti, come nella mortificazione del rifiuto
o nella immobilità forzata. Sono duemila anni che, dalla terra degli
uomini, i sacerdoti, certamente fragili peccatori anch'essi, fanno
salire al cielo il ringraziamento e la gioia. Nel pane consacrato
e nel vino del calice, c'è la garanzia che essi sono uomini graditi
al Padre, che cerca sempre chi continui il ministero di Cristo e amministri
i divini misteri .A me pare che questo atteggiamento interiore di
gratitudine e di gioia, sia capace di farci superare tutte le difficoltà
e di risolvere le ricorrenti crisi del sacerdote.
Certamente io intendo parlare di una convinzione intima,
che sia anche esperienza, scaturita dalla fede, sorretta dalla preghiera,
fortificata dal molteplice ministero.
Tali elementi soprannaturali, innestati su un normale
equilibrio naturale, possono condurci alla accettazione convinta di
quanto diceva S. Giuseppe Cafasso: "Ci vuole tutta una eternità per
ringraziare il Signore d'avermi fatto sacerdote" .
L'espressione può sembrare ingenua o comunque retorica;
in realtà essa, per l'idea che contiene, è ripetuta, al di fuori dei
santi canonizzati, da tanti altri nostri confratelli, vissuti nel
nostro tempo e nello stesso ambiente. Essi, pur dichiarandosi "servi
inutili", si sono sentiti "gloria di Cristo e costruttori della sua
Chiesa", qualunque sia il posto occupato.
Non è difficile scegliere nomi e testimonianze tra i ricordi
di ieri e le conoscenze di oggi. Un sacerdote, ad esempio, si confida
in questo modo: "Sono prete da ventidue anni e devo sempre ricominciare
a chiedermi perché è successo... Ma vi giuro davanti a Dio che non
ho mai dubitato della mia vocazione. Ho sempre saputo che non avrei
potuto essere niente altro che un prete. Ma perché? Mi fate riflettere
voi adesso. In questi anni si è dissolto il concetto di casta;
dunque non appartengo più a una casta, anche se mi avevano
abituato all'idea di essere un capo. Hanno gridato che il prete doveva
fare l'operaio, il sindacalista, che doveva fare scelte politiche,
perché la peggiore delle scelte sarebbe stata quella di non prendere
posizione e che doveva stare dalla parte degli oppressi contro gli
oppressori. Hanno detto che il celibato sia una legge iniqua e che
il prete doveva essere povero oppure che il prete doveva guadagnarsi
da vivere con il proprio lavoro. Hanno discusso sulla identità del
prete, sulla sua condizione di emarginazione, sul suo stato di represso
dalla istituzione, hanno contestato .la Chiesa gerarchica, contrapponendola
alla chiesa profetica. E il prete ha subito o ha provocato strattoni,
crisi, talvolta desolazioni.
Non giudico tuttavia quanto è accaduto; so che può essere
provvidenziale. Anzi sono stato profondamente coinvolto da questi
anni di crisi, ho temuto di essere un prete fuori corso, nato da una
cultura finita per sempre, incapace di capire quanto stava succedendo.
Ma ci sono due o tre idee che mi hanno sostenuto. La prima
è che Dio è mio padre e quindi non può lasciarmi andare in malora
se proprio non ci voglio andare io. La seconda è che mi ha chiamato
lui e che io non ho fatto nulla né per forzare, né per ingannare,
né per inseguire fantasmi e quindi Egli è impegnato in solido con
me. Le stesse cose, naturalmente, valgono per tutta la Chiesa, oltre
che per me, come persona. alla quale però Dio pensa da sempre, perché
per lui ogni persona vale il creato e la redenzione. Dunque anche
la Chiesa ha questa certezza e il Concilio non può essere stato nulla
di stravagante, ma qualcosa invece che Dio ha voluto e che Dio sta
facendo fruttificare. È stolto chi crede di difendere Dio e la Chiesa
contro il disegno di Dio, come è stolto chi crede di poter essere
interprete autentico dei disegni di Dio, solo perché si "mette in
ascolto della Parola di Dio", trascurando il fatto che Dio parla attraverso
i maestri che lui ha stabilito".
OFFRIRE
Al cospetto di Dio, l'offerta è sempre una restituzione.
La spiga di grano e il grappolo d'uva vengono da Dio, ma per mezzo
del sacerdote tornano a lui transustanziati e resi sacramento di redenzione.
Abbiamo così sfiorato la pienezza del mistero sacerdotale,
che fonde insieme creazione, transustanziazione, redenzione in una
offerta che impegna tutta una vita. Le promesse sacerdotali,
sono una espressione di questa offerta, la quale, per essere perseverante,
generosa, lieta, richiede che sia stato compreso il valore che ha
Cristo: la sua persona, la sua parola, la sua opera.
Affrontiamo un tema tremendo e, purtroppo, sempre presente.
Cristo come valore non fu compreso; lo vendettero per la somma che
valeva uno schiavo; e ancora oggi, lo si vende e lo si abbandona.
Il sacerdote invece che ha conosciuto Cristo, non cessa
mai di offrirsi a lui, di consumarsi per lui, di sperare in lui, anche
nei momenti di abbandono, di desolazione, di condanna, di agonia...,
nella certezza che la salvezza verrà, che verrà la resurrezione: "surrexit
Christus, spes mea".
È bene riflettere su questo aspetto oblativo della nostra
personalità sacerdotale, "affinché abbiate il coraggio paradossale
di ripetere ciascuno per sè: "Christo confixus sum cruci" (Gal. 2,19);
e affinché ciascuno senta e converta in ministero sacerdotale questa
offerta che ci assimila a Gesù modello e salvatore, e sperimenti in
sé la felicità del mistero pasquale che noi stiamo vivendo".
Novità
IL LOGO DELLA PORA
e il suo significato
ll logo della PORA è costituito dalle quattro lettere intrecciate.
La forma della lettera P simboleggia il Calice, la lettera
O è costituita dall'Ostia simbolo dell'Eucaristia, la lettera R (
= Regina) racchiude l'immagine della Regina degli Apostoli che fa
da congiunzione tra la lettera O ( = Eucaristia) e la lettera A (
= Apostoli – Sacerdoti ) e graficamente forma la base del Calice (
= unione, stretto rapporto tra Sacerdozio ed Eucaristia ).
La Madonna è al centro del logo in quanto Madre
di Cristo Eterno Sacerdote e Madre dei Sacerdoti.
Le lettere ORA ( = prega ), nel loro insieme, evidenziano
che l’ideale della PORA è la preghiera per i Sacerdoti e singolarmente
ricordano l’atteggiamento fondamentale e costante dell’anima che vive
questo ideale: O = offerta, R = ringraziamento, A = adorazione.
Per meditare
Pubblichiamo questa riflessione tratta dai Documenti della
Sacra Congregazione per il Clero
L'Eucaristia e il Sacerdote:
inseparabilmente uniti dall'Amore
di Dio
Il sacerdote, responsabile dell'Eucaristia
La recente Enciclica di Giovanni Paolo II attira la nostra
attenzione sul valore di questo dono ( l’Eucaristia ), che è del tutto
eccezionale. Il dono divino è stato destinato in modo tutto particolare
a noi sacerdoti e, con la nostra accoglienza, portiamo la responsabilità
dell'efficacia dell'Eucaristia nel mondo.
Grido della fede
Ad ogni celebrazione del divino Sacrificio, il sacerdote,
dopo avere consacrato il pane e il vino perché siano il corpo e il
sangue di Cristo esclama: "Mistero della fede!" è una meraviglia che
suscita l'adorazione, anche se per gli occhi terreni niente sembra
cambiato. Nell'Enciclica il Santo Padre esprime il desiderio di porsi
con noi "in adorazione davanti a questo Mistero: Mistero grande, Mistero
di misericordia" (11). Aggiunge: "Che cosa Gesù poteva fare di più
per noi? Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va fino
"all'estremo" (cfr Gv 13, 1), un amore che non conosce
misura".
La Messa è memoriale del sacrificio della croce, "La Chiesa
vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non
soltanto per mezzo di un accordo pieno di fede, ma anche in un contatto
attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi
sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro
consacrato. In questo modo, l'Eucaristia applica agli uomini d'oggi
la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l'umanità
di ogni tempo. In effetti, il sacrificio di Cristo e il sacrificio
dell'Eucaristia sono un unico sacrificio" (12).
L'Eucaristia è sacrificio in senso proprio e, in primo
luogo, dono di Cristo al Padre: "sacrificio che il Padre accettò,
ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece "obbediente
fino alla morte" (Fil 2, 8), con la sua paterna donazione,
cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione. Nel donare
alla Chiesa il suo sacrificio, Cristo ha altresì voluto fare suo il
sacrificio spirituale della Chiesa, chiamata ad offrire, col sacrificio
di Cristo, anche se stessa" (13).
Più particolarmente, il Sommo Pontefice sottolinea che
"il sacrificio eucaristico rende presente non solo il mistero della
passione e della morte del Salvatore, ma anche il mistero della risurrezione,
in cui il sacrificio trova il suo coronamento. È in quanto vivente
e risorto che Cristo può farsi nell'Eucaristia "pane della vita" (Gv
6, 35.48), "pane vivo" (Gv 6, 51).
L'offerta del sacrificio è dunque fonte di una nuova vita.
L'efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza nella
comunione: "riceviamo Lui stesso che si è offerto per noi, il suo
corpo che Egli ha consegnato per noi sulla Croce, il suo sangue che
ha "versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26, 28)".
"Attraverso la comunione al suo corpo e al suo sangue,
Cristo ci comunica anche il suo Spirito" (17). "A noi, che ci nutriamo
del corpo e del sangue del tuo Figlio dona la pienezza dello Spirito
Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.
Così, con il dono del suo corpo e del suo sangue, Cristo accresce
in noi il dono del suo Spirito, effuso già nel Battesimo e dato come
"sigillo" nel sacramento della Confermazione".
Inoltre le parole: "nell'attesa della tua venuta" ci offrono
l'opportunità di scoprire meglio le prospettive escatologiche dell'Eucaristia:
"L'Eucaristia è tensione verso la meta, pregustazione della gioia
piena promessa da Cristo (cfr Gv 15, 11); in certo senso,
essa è anticipazione del Paradiso, "pegno della gloria futura".
Queste prospettive, che aprono alla comunione con la Chiesa
celeste - che deve essere sempre nella nostra mente e nel nostro cuore
-, possono sembrare ancora molto lontane, ma stimolano "il nostro
senso di responsabilità verso la terra presente", "ponendo un seme
di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri
compiti" (20).
La chiamata al senso di responsabilità vale per tutti.
In noi, sacerdoti, trova una più speciale risonanza. Ogni celebrazione
eucaristica è destinata a risvegliare la coscienza di coloro che vi
partecipano. Per il sacerdote risveglia la responsabilità verso un
mondo che deve essere trasformato, trasfigurato dall'Eucaristia. Pronunciando
o sentendo le parole: "Mistero della fede", il sacerdote capisce meglio
che questo grido della fede lo spinge verso un mondo nel quale Cristo
opera meraviglie e sente urgere in sé la improrogabilità missionaria
di estendere ovunque il suo regno.
Egli riceve una nuova luce sulla propria missione sacerdotale
che gli è stata affidata e sul ruolo che deve assumere affinché la
potenza dell'Eucaristia possa produrre tutti i suoi effetti in ogni
esistenza umana. Il sacerdote è investito della responsabilità dell'edificazione
di una nuova società in Cristo. Più particolarmente, ha la possibilità
di dare una testimonianza di fede nella presenza nuova scaturente
da ogni consacrazione che muta pane e vino in corpo e sangue del Signore.
La meraviglia di questa presenza apre la porta, nell'anima
del sacerdote, ad una nuova speranza che supera tutti gli ostacoli
che si accumulano sulla via del suo ministero, spesso impegnato in
lotte e prove.
Edificazione della Chiesa e adorazione contemplativa
L'Enciclica desidera mostrare tutta la ricchezza spirituale
dell'Eucaristia; da una parte ne pone in luce il contributo essenziale
all'edificazione della Chiesa, e dall'altra non manca di attirare
l'attenzione sul valore del culto della presenza reale fuori della
Santa Messa. Ed è un aspetto quanto mai prezioso e fecondo che va
ricordato a noi stessi e ai fedeli.
Il Concilio Vaticano II, in armonica continuità con il
magistero precedente, insegna che la Celebrazione Eucaristica è al
centro del processo di crescita della Chiesa. Spiega come cresce il
regno di Cristo nel mondo: "Ogni volta che il sacrificio della
croce col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato
(1 Cor 5, 7) viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera
della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico,
viene rappresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono
un solo corpo in Cristo" (cfr 1 Cor 10, 17).
Già alle origini appariva un influsso causale dell'Eucaristia
sullo sviluppo della Chiesa, come è evidente nell'ultima cena:
i gesti e le parole di Gesù "gettavano le fondamenta della nuova comunità
messianica, il Popolo della nuova alleanza". "Da quel momento, sino
alla fine dei secoli, la Chiesa si edifica mediante la comunione sacramentale
col Figlio di Dio immolato per noi" (21).
Così si manifesta il ruolo costruttivo del sacerdote,
che è impegnato da Cristo nella più importante opera di trasformazione
del mondo, che si effettua con la potenza dell'Eucaristia. A questo
ruolo è pure legato un altro compito del sacerdote, compito di accogliere
la presenza eucaristica con sguardo contemplativo di adorazione e
con tratto di estrema delicatezza.
"Il culto reso all'Eucaristia fuori della messa, dice
l'Enciclica, è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa"
(25). La responsabilità del sacerdote in questo culto viene così ricordata:
"Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale,
il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo
Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto
le specie eucaristiche".
Il Sommo Pontefice non solo incoraggia ogni sacerdote
a questa testimonianza, ma egli stesso ci comunica la propria testimonianza:
"è bello intrattenersi con Lui (il Signore), e chinati sul suo petto
come il discepolo prediletto (cfr Gv 13, 25), essere toccati
dall'amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi,
nel nostro tempo, soprattutto per "l'arte della preghiera", come non
sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale
conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore,
davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte,
miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho
tratto forza, consolazione, sostegno!".
Si tratta di una esperienza che è stata vivamente raccomandata
dal Magistero costante e dall'esempio di numerosissimi Santi. La testimonianza
personale del Vicario di Cristo incoraggia tutti i sacerdoti, lettori
dell'Enciclica, a far conoscere ed apprezzare i momenti segreti di
grazia che vengono procurati dall'adorazione del Santissimo. L'Eucaristia
diventa così fonte di contemplazione santificante e fruttuosa.
Eucaristia e sacerdozio ministeriale
Il sacrificio eucaristico ha bisogno assoluto del sacerdozio
ministeriale. L'Enciclica ricorda che per la celebrazione eucaristica
non basta certo il sacerdozio comune. Secondo il Concilio Vaticano
II, "i fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione
dell'Eucaristia", ma è il sacerdote ministeriale che "compie il sacrificio
eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto
il popolo" (LG
10). Questo ministero implica la successione apostolica, "ossia l'ininterrotta
serie, risalente fino agli inizi, di ordinazioni episcopali valide"
(28). L'espressione "in persona di Cristo" significa: "nella specifica,
sacramentale identificazione col Sommo ed Eterno Sacerdote, che è
l'autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio,
nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno".
"L'assemblea che si riunisce per la celebrazione dell'Eucaristia
necessita assolutamente di un sacerdote ordinato che la presieda per
poter essere veramente assemblea eucaristica: D'altra parte non è
in grado di darsi da sola il ministro ordinato. Questi è un dono che
riceve attraverso la successione episcopale risalente agli Apostoli.
È il Vescovo che, mediante il sacramento dell'Ordine, costituisce
un nuovo presbitero conferendogli il potere di consacrare l'Eucaristia"
.
La necessità di un ministro ordinato pone un problema
nelle relazioni ecumeniche. "Le comunità ecclesiali da noi separate,
dice Vaticano II (Unitatis
redintegratio, 22), quantunque manchi la loro piena
unità con noi e quantunque crediamo che esse, specialmente per la
mancanza del sacramento dell'Ordine, non hanno conservato la genuina
ed integra sostanza del Mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella
Santa Cena fanno memoria della morte e della risurrezione del Signore,
professano che nella comunione di Cristo è significata la vita e aspettano
la sua venuta gloriosa".
Eucaristia e comunione ecclesiale
L'Enciclica, in un capitolo speciale, sviluppa il tema
della comunione ecclesiale. È un tema centrale, perché tutto lo scopo
del documento è di porre in luce il contributo dell'Eucaristia all'edificazione
e alla crescita della Chiesa. La comunione che caratterizza la Chiesa
deve essere capita nel suo significato più profondo: "la Chiesa, mentre
è pellegrinante qui in terra, è chiamata a mantenere ed a promuovere
sia la comunione con Dio Trinità sia la comunione tra i fedeli" (34).
"L'Eucaristia appare come culmine di tutti i sacramenti nel portare
a perfezione la comunione con Dio Padre mediante l'identificazione
col Figlio Unigenito per opera dello Spirito Santo". "Dio si congiunge
a noi con l'unione più perfetta". Proprio per questo è opportuno coltivare
nell'anima il costante desiderio del Sacramento eucaristico.
La comunione ecclesiale dell'assemblea eucaristica è comunione
col proprio Vescovo, principio visibile e fondamento dell'unità nella
sua Chiesa particolare; è anche comunione con il Romano Pontefice,
e possiamo aggiungere: con l'Ordine episcopale, con tutto il clero
e con l'intero popolo (39).
Fra le conseguenze di questa comunione, dobbiamo notare
un'apertura più ampia in campo ecumenico, dovuta al fatto che i fratelli
Orientali sono più vicini alla Chiesa Cattolica. Quando chiedono spontaneamente
di ricevere l'Eucaristia dal ministro cattolico e sono bene disposti,
la loro domanda deve essere accolta, con una possibilità di reciprocità.
"È motivo di gioia, dice l'Enciclica
Ut
unum sint, ricordare che i ministri cattolici possano, in
determinati casi particolari, amministrare i sacramenti dell'Eucaristia,
della Penitenza, dell'Unzione degli infermi ad altri cristiani che
non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica..." (46), e questo
con reciprocità.
Questa disposizione ha come obiettivo non di realizzare
una intercomunione, ma di provvedere ad un grave bisogno spirituale
per l'eterna salvezza di singoli fedeli. Bastava che ci fosse un accordo
sufficiente sulla dottrina della Chiesa e su quella dell'Eucaristia.
Con la fede di Maria
Non possiamo meravigliarci che alla fine dell'Enciclica,
il Papa orienti il nostro sguardo verso la Beata Vergine Maria.
Se l'Eucaristia è mistero della fede, questo mistero è
stato proposto alla fede della Beata Vergine ed ha ricevuto da parte
sua l'accoglienza più perfetta. Condividendo con noi sacerdoti la
sua fede, Maria Santissima ci aiuta ad assumere la nostra responsabilità
nella diffusione dell'Eucaristia per la vita della Chiesa e ci esorta:"fate
quello che vi dirà" (Gv 2, 5).
Notizie nostre
Il 12 Dicembre a La Spezia
Suor Lorenza ha rinnovato per la prima volta la sua Professione religiosa
GAUDETE, GAUDETE!
Quale giorno migliore per rinnovare
il proprio patto nuziale!
La gioia e l’esultanza sono i sentimenti
che hanno pervaso il mio animo in questo primo anno di Professione
Religiosa nella congregazione della Piccola Opera Regina Apostolorum
e sono i medesimi che mi hanno portata a RIPREFERIRE Gesù a tutti
e a tutto.
Solo IN Lui mi sento realizzata
e sommamente felice.
Sperimento di essere sempre in comunione
con Lui e questo mi dà sicurezza, soprattutto, nell’affrontare le
avversità, dalle quali nessuno è esente!
Gesù è veramente lo Sposo Ideale,
il “Principe Azzurro”, che tutte si cerca e si desidera: con Lui nessuna
delusione, sempre fedele alle promesse, ogni giorno un giorno nuovo
da scoprire, da ammirare, contemplare e ringraziare.
Vivere CON Lui e IN Lui, in questo
anno mi ha aiutato a vedere le cose in una prospettiva nuova, perché
la Sua Presenza trasforma interiormente e questa trasformazione sale
piano piano dall’interno fino ai sensi esterni e le cose che tutti
vedono, io le leggo più in profondità, perché le spiegazioni
provengono dalla Verità stessa.
Posso, quindi, affermare con entusiasmo
che il SI rinnovato oggi è ancora più autentico e consapevole di un
anno fa!
Rinnovare i Consigli Evangelici
nel mezzo dell’Avvento, significa anche andare incontro allo Sposo
con cuore purificato e disponibile a lasciarmi riempire sempre più
DI Lui.
Potrebbe sembrare un mondo
fantastico, eppure è l’unico mondo reale, l’unico a cui sono felice
di appartenere!!
Suor Lorenza
Notizie nostre
“ Bussate…Chiedete…”
E quella sera ero a bussare allo
studio del Cardinale per chiedere…Avevo una richiesta speciale. Chissà…
Infatti, dato che era in programma
un corso di esercizi spirituali per Sacerdoti al Santuario della Guardia
proprio nella settimana per noi suore libera dall’impegno di presenza
nella casa arcivescovile, la richiesta era di potervi partecipare
anche noi.
Sua Eminenza ha capito e approvato.
E così la sera di domenica 7 Novembre
suor Anna ed io salivamo al Monte Figogna. Non avremmo mai pensato
di trascorrere una settimana a vegliare con Maria nel Cenacolo…a pregare
con Loro e per Loro.
E siamo state da tutti fraternamente
accolte.
Il Predicatore Padre Angelo Grande OAD, attraverso la Parola e i riferimenti liturgici ha creato un’atmosfera
attenta di ascolto e di preghiera ma anche di incontro, oltre che
semplice e cordiale, anche come scambio di esperienze, di difficoltà
e aspirazioni pastorali. Anche noi siamo state associate e rese partecipi.
“Alla scoperta del Volto di Cristo”
era il tema base che via via si è sviluppato come ricerca sempre nuova
delle tracce di Gesù e dei suoi gesti da contemplare, da realizzare
e da portare in un mondo che cambia e attende. Tutto questo ha illuminato
e rafforzato la nostra specifica vocazione a scoprire e servire, in
ogni sacerdote, Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote.
Abbiamo seguito i Sacerdoti alternarsi
giorno per giorno all’altare a presiedere la celebrazione in Persona
Christi. E mentre le loro intenzioni di intercessione si succedevano
per raggiungere tanti fratelli e varie situazioni nella Chiesa, anche
noi eravamo particolarmente coinvolte e invitate a farle nostre.
E tutti i momenti di preghiera comune
ci hanno impegnate profondamente e ci impegneranno sempre più.
Questi giorni di esperienza spirituale
nuova e molto forte sono volati via veloci, lasciando una scia di
luce preziosa..
Si è concluso sotto lo sguardo di
Maria, riuniti tutti a corona davanti alla sua immagine, per affidarsi
a Lei, Madre dei Sacerdoti e, per noi, modello di presenza serena,
discreta e operosa accanto ai rappresentanti di Cristo in terra.
Suor Luigina
Testimonianze
Abbandonarsi
a Dio ed essere fedeli al suo amore
Ci scrive Don Roberto Poletti, sacerdote
novello di La Spezia, caro amico della P.O.R.A. e figlio della Presidente
delle Famigliari del Clero della stessa Diocesi.
E’ difficile trovare le parole giuste
per spiegare il grande dono che Dio mi ha voluto donare. Ho impresso
nel mio cuore il momento in cui il Vescovo mi ha imposto le mani e
con lui tutti i sacerdoti presenti. Da quel momento la tua vita cambia.
Anche se sono sempre io, con i miei pregi e i mie difetti, ora però,
sicuramente, con una grazia in più, tutta particolare, che ti permette
di essere strumento vivo nelle mani di Dio. Bere il calice che Gesù
ha bevuto è vivere una vita nello Spirito di Cristo.
Ricordo ancora una frase della seconda
lettera di S. Paolo apostolo a Timoteo letta nella liturgia della
domenica che precedeva la mia ordinazione: “Dio non ci ha dato uno
spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza”. (2Tm 1,
7). In quel periodo ero agli esercizi ed ho avuto la possibilità di
meditare attentamente su questa frase.
Sono proprio questi gli aggettivi
che forse riescono a descrivere al meglio il dono del sacerdozio:
forza, amore, saggezza.
Sono queste le caratteristiche che
rendono una persona testimone efficace dell’amore di Dio per gli uomini.
“Non vergognatevi dunque della testimonianza da rendere al Signore
nostro” (2Tm 1, 8) prosegue S. Paolo.
Una testimonianza di vita nasce
dal rapporto personale con Dio, un rapporto che si costruisce giorno
dopo giorno con la preghiera e la partecipazione al sacrificio di
Cristo. E’ questo quello che mi ha insegnato il Seminario in questi
sei anni. Quello iniziato in Seminario è solo la bozza di quel progetto
che viene a realizzarsi nella vita di un Sacerdote. Sono come il seme
gettato nel cuore di una persona che poi, lui stesso, è chiamato a
far maturare e a portare frutto.
“Senza di me non potete fare
nulla” (Gv 15,5). Come è vera questa frase! A cosa serve lavorare,
faticare e correre tutto il giorno se non c’è quel legame così stretto
e forte con Dio. E’ lui che agisce e tu non sei che un servo. Più
diventi docile e più diventi il sentiero che conduce all’amore di
Dio.
Abbandonarsi a Dio ed essere fedeli
al suo amore. Ecco quello che conta veramente!
E’ stato con grande gioia che ho
avuto la possibilità di poter celebrare dopo pochi giorni dalla mia
ordinazione presso la Casa del Clero di Spezia in occasione dell’incontro
mensile dei Familiari del Clero. Occasione resa ancora più gratificata
dal profondo legame che lega la mia vocazione alla spiritualità delle
suore della P.O.R.A.
Legame sorto ormai da tanti anni
e reso più forte da alcuni periodi estivi trascorsi nel Castello di
Perletto da seminarista e da una preghiera vissuta sicuramente in
sintonia da entrambe le parti.
Ho sempre sentito molto vicino a
me, nel corso degli anni, la spiritualità della Piccola Opera e non
mancava mai nella mia preghiera quotidiana l’invocazione: Maria, regina
degli apostoli, prega per noi. Sarà questa stessa invocazione che
continuerà ad accompagnarmi nel corso degli anni del mio ministero.
Con il cuore rivolto a Maria chiediamo
in continuo il dono di nuove e sante vocazioni.
Don Roberto
Testimonianze
Pubblichiamo la testimonianza
“ di stile poetico" di Giordano,da quest’autunno alunno del
Seminario di Sarzana, assiduo frequentatore di Perletto e delle nostre
Case.
“Ecce
Ancilla Domini”
(Lc 1, 3)
Perché la risposta alla propria
vocazione sia un eterno cantare con Maria “Magnificat anima mea Dominum”
“Ecce
ancilla Domini”, così tra le colline verdeggianti di noccioli in fiore
sentivo, nel caldo mezzogiorno, risuonar dalle bocche di vergini a
Te consacrate, e a Te, laddove sei venerata Augusta Regina, il loro
canto innalzano e nel silenzio del loro lavoro a servizio dei servi
più vicini al Tuo figlio eterno Sacerdote, offrono la loro vita.
Per giungere a quel castello ricordo
ancora di non sapere il perché lo facevo, perché andavo a passare
qualche settimana in un paesino ai più sconosciuto.
Là avevo una cugina, Suor Sandra,
ma nessun altra motivazione mi spingeva.
Arrivato alle pendici di Perletto
ebbi quasi l’impressione di dover cominciare un cammino, sicuramente
anche questo in salita, nel mio intimo, d’abbandonar, seppur avessi
avuto solo 15 anni, una vita che non mi dava troppe soddisfazioni,
che non mi coinvolgeva in pieno.
Ricordo che quei giorni, erano diversi
da quelli passati in città, il rumore delle piante al vento che frusciavano
nel silenzio, non erano un semplice gaudioso rumore che provocava
il vento, ma come dice Paolo VI, una chiamata d’una voce leggera che
solo nel più profondo del cuore capisci sarà la tua vocazione.
Da principio cercavo di darmi da
fare il più possibile per non sembrare agli altri un peso, cercando
di essere il più presente possibile anche alle celebrazioni liturgiche
comunitarie. Più di una volta mi sono sentito dire: “Giordano - questi
è il mio nome – non serve che ti alzi così presto”, ma sentivo di
doverlo fare, sentivo maturare in me una ricerca di senso che oramai
da lungo avevo sotterrato e affogato in un vivere d’apparenza, di
piaceri temporanei.
Rammento ancor d’una notte passata
nel mio letto che, per la carenza di posti, si trovava in lavanderia:
dal lucernaio la luna lasciava cadere soltanto un raggio che arrivava,
come sciabolata, sul letto dividendolo in due parti. E’ stato in quel
momento di forte preghiera ad avermi fatto capire qualcosa di quello
che era il disegno di Dio su di me, un richiamo forte a meditare su
qualcosa che spesso cercavo di celare anche a me stesso.
Con molto piacere, ora che sto in
seminario, ricordo quelle settimane passate a Perletto, quell’immensa
gioia sui volti di coloro che già avevano capito la loro strada alla
sequela del Signore, quei volti sorridenti di chi ti conforta, quel
sostegno nel cammino, quelle lampade accese nel buio della mia esistenza
che, dapprima offuscate e confuse, diventavano quasi per me un’indicazione
da seguire.
Il mio più fraterno ringraziamento
a tutte coloro che mi sono state accanto nei momenti più tristi, un
grazie per avermi fatto capire l’importanza del più piccolo dei servizi,
come il più piccolo organo è fondamentale nel corpo, scrive Paolo
ai Corinzi, all’interno della Chiesa e per la Chiesa.
Questo cammino verso il sacerdozio
che da pochissimo ho intrapreso sia proprio una risposta sempre pronta
perché come Matteo senza dir nulla possa seguirlo o come Natanaele
sappia riconoscrerLo e sempre di più amarLo, perché la mia vita sia,
insieme a Maria e sotto la sua materna protezione, ripetere il mio
“Fiat” ed esultare ogni giorno di più con Colei che il Padre
prima dei tempi ha scelto, con colei che loda Dio in maniera mirabile
anche sotto la croce e guarda i discepoli con il suo Figlio nell’
ultima cena quando anche Gesù si consacra per loro come la Madre di
Dio un giorno si consacrò per accogliere nel suo grembo l’eterno sacerdote
e contare ancora con lei il mio Magnificat.
Giordano Biso
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