PRESENTAZIONE
Cari
amici e lettori,
ecco
il nuovo numero del nostro periodico che vuole comunicarvi un po’
della nostra spiritualità e della nostra vita, tutta orientata all’ideale
sacerdotale.
Troverete riflessioni dei nostri amati Fondatori insieme ad altre
meditazioni che ci richiamano alla grandezza del Dono del Sacerdozio.
La
Professione religiosa di Suor Lorenza, presieduta dal nostro Cardinale
Arcivescovo, Tarcisio Bertone, è stato un momento di grazia e di gioia
per tutte.
L’estate a Perletto, così ricca di avvenimenti e presenze…
1994
– 2004: Vogliamo comunicare a voi la gioia di festeggiare quest’anno
il “decennio” di erezione a Congregazione Religiosa della Piccola
Opera per la fiducia e l’impegno del Cardinale Giovanni Canestri.
Quanta
gratitudine a Dio e alla Chiesa e quanta responsabilità sentiamo
di operare con sempre maggiore generosità e creatività “per i sacerdoti”!
Nel
ricordare ciascuno di voi, anche noi ci affidiamo alla vostra
preghiera.
Suor Maria Giuseppina
Le
nostre fonti
Suor Ada Taschera
2 FEBBRAIO
La
Purificazione di Maria (secondo il nome antico) meglio, la Presentazione
di Gesù al Tempio, è una festa bellissima, un completamento del Natale;
ci fa tornare in clima natalizio, quaranta giorni dopo la nascita
di Gesù Bambino. E' la rievocazione del mistero grande della
nostra salvezza.
La
nostra Piccola Opera ha avuto il suo inizio ufficiale proprio il due
febbraio del 1948; ogni anno perciò ricordiamo, in quel giorno, la
fondazione dell'Opera.
Chissà
perché la Provvidenza ha fatto coincidere l'inizio dell'Opera con
questa festa liturgica. Ci sono certamente dei motivi profondi che
non tutti possiamo cogliere, ma alcuni li possiamo scoprire seguendo
la liturgia della festa e in particolare leggendo il Vangelo della
Messa.
Il
brano evangelico (Luca, 2,22-40) descrive l'episodio della presentazione
di Gesù al Tempio: Maria e Giuseppe offrono il Bambino, Simeone lo
accoglie tra le sue braccia e intona il Benedictus di ringraziamento,
la profetessa Anna, tutta dedita al servizio del Tempio, loda Dio
perchè si è realizzata la redenzione di Israele.
Meditiamo un po' sui personaggi che agiscono in questo mistero, cominciando
dall'ultimo, la profetessa Anna. “ ...
non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio notte e giorno...
Giunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio”.
Qual'è
lo scopo primo della Piccola Opera? Proprio questo: la lode di Dio.
E
se l'Opera ha anche lo scopo di servire il Sacerdozio, il fine principale
che riassume tutti gli altri è la lode di Dio.
Ci
suggerisce qualcosa anche il vecchio Simeone che ringrazia Dio di
essere arrivato a vedere il Salvatore. Anche la Piccola Opera è sorta
per ringraziare Dio che ci ha donato il Sacerdozio, senza del quale
non si sarebbe perpetuata, nei secoli, la redenzione ed è sorta in
un momento difficile per la Chiesa e i Sacerdoti.
E'
nata, infatti, nel dopoguerra, in un periodo in cui i Sacerdoti erano
derisi, disprezzati, fraintesi.
E'
sorta per creare attorno ad essi una barriera di protezione, di preghiera,
di comprensione.
Quando
furono affissi i primi manifesti che annunciavano: “Primo sabato
del mese - Ora di Adorazione per il clero e le vocazioni - nella
Chiesa di Santa Marta - a cura della Piccola Opera Regina Apostolorum”,
un Sacerdote ci confidò che ricevette una grande consolazione e fu
tanto confortato nel constatare che mentre c'era chi chiamava
i Preti “sacchi di carbone”, ci fosse chi aveva il coraggio di difenderli
e di schierarsi apertamente dalla loro parte.
E
ora, forse in un altro senso, c'e nuovamente bisogno di creare un
fronte di difesa e di comprensione per i nostri Sacerdoti. Forse la
gente non li disprezza, ma spesso li ignora ed è indifferente
o, peggio ancora, se ne occupa solo quando le pagine dei giornali
descrivono in lungo e in largo, le defezioni di qualcuno di loro.
E allora è più che mai attuale lo scopo dell'Opera, pregare e ringraziare
Dio per il dono del Sacerdozio, ringraziarLo per quelli che non lo
ringraziano, pregare perché tutti sentano questo dovere e siano più
propensi a comprendere che a criticare.
Tornando al mistero della Presentazione, siamo colpiti soprattutto dalla
figura di Maria.
Il
suo ruolo a quello di offrire Gesù. E' Lei che offre, è Lei che dona
e la sua gioia è anche il suo grande dolore. Vi e una comunione in
questo mistero di gioia e di dolore, tanto che non si sa dire se sia
un mistero doloroso o gaudioso. E' il mistero dell'offerta.
Maria
rappresenta l'anima che si offre mentre offre Gesù. E l'Opera,
nei suoi membri, come Maria si offre a Dio Padre perché i Sacerdoti
possano donare Gesù alle anime.
Vi
è anche San Giuseppe nel mistero della Presentazione, ma la sua presenza,
come sempre, è silenziosa e discreta. Egli sta in silenzio anche nella
vita della Chiesa. Il suo silenzio viene ancora una volta a ricordarci
che i valori più grandi li vede solo Dio.
San
Giuseppe è uno dei principali protettori della Piccola Opera, perche
l'Opera e nata per lavorare nel nascondimento e nel silenzio.
Guardiamo infine a Colui che è offerto, a Gesù.
Gesù
è presentato, si lascia offrire, ma quello è solo l'inizio di un'offerta
che continuerà per tutta la vita fino alla morte sulla Croce. Gesù
è stato offerto da Maria, la quale Gli sarà compagna generosa fino
al Calvario.
Così
la Piccola Opera che si è offerta per i Sacerdoti, attraverso la Madonna,
fin dal suo sorgere, desidera continuare generosamente in questa offerta
e chiede a Maria, sua Madre e Regina, di non arrestarsi di fronte
alle inevitabili difficoltà.
Dopo
queste riflessioni, non ci resta che ringraziare Dio per tutto la
luce che irradia sulla Piccola Opera e sul suo ideale dal mistero
della Presentazione e ripetere, con tutto il cuore e con tanta gioia,
la bellissima preghiera che ci fa dire la Chiesa in occasione del
2 febbraio:
Dio
onnipotente ed eterno, guarda i tuoi fedeli riuniti nella festa della
presentazione al Tempio del tuo unigenito Figlio fatto uomo e concedi
anche a noi di essere presentati a Te pienamente rinnovati nello spirito
.
Concludendo: vivere la Presentazione è vivere la nostra vita come un'offerta,
come un sì generoso al Signore, per Maria, giorno per giorno.
(dal periodico della P.O.R.A. - n. 4 - 1974 )
Le
nostre fonti
Mons. Luigi Recagno
GIOVANNI L’APOSTOLO PREDILETTO
Da
un’Omelia di Mons. Recagno in occasione della Festa delle Amiche del
27 dicembre 1979.
Più
volte abbiamo ricordato che le Amiche della Piccola Opera hanno avuto
il loro riconoscimento ufficiale il 27 dicembre 1955, festa di San
Giovanni Evangelista. Una data scelta non a caso ma per sottolineare
che come Giovanni fu l’Apostolo prediletto di Gesù, così ogni Amica
della PORA, in quanto tale, deve sentirsi prediletta dal Signore e
particolarmente cara al suo cuore perché ha fatto suo l’ideale sacerdotale
e lo vive, sia pure in forma diversa, in unione alle Figlie e alle
Oblate.
Mi
piace pertanto sottolineare qualche tratto caratteristico di questo
grande Apostolo…
Giovanni ebbe una speciale intimità con Gesù tanto da chiamare se
stesso “il discepolo che Gesù prediligeva”.
Fu
infatti tra gli intimi che accompagnarono Gesù nelle ore più solenni:
la resurrezione della figlia di Giairo, nella trasfigurazione, nell’agonia
del Getsemani ecc. Durante l’Ultima Cena potè appoggiare il capo sul
petto di Gesù per chiedergli , su richiesta di Pietro, il nome del
traditore…
…
Unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce, “vicino” a Maria
ed è tanto confortante pensare che come ebbe speciale intimità con
Gesù così l’ebbe con Maria…
Gesù
dalla croce gliel’affidò come madre ed egli la prese con sé.
Dopo
la risurrezione ricevette, con Pietro,dalla Maddalena, il primo annuncio
del sepolcro vuoto e certamente capì che, in base alle promesse, il
Maestro non poteva essere stato rapito, ma era certamente risorto!
Gli
aspetti più caratteristici della personalità e spiritualità di Giovanni
sono costituiti dalla sua “vibrazione di carità” per cui egli
è giustamente chiamato “l’evangelista della carità” e dal suo
ardore
di luce e di fede per cui può definirsi “il teologo della verità
e della luce”.
Ma
perché San Giovanni potè penetrare così profondamente la Verità? Perché
si era lasciato penetrare dal divino Amore.
…
Il suo contatto particolarmente lungo ed intimo col Divin Maestro,
la sua attesa del promesso Spirito Santo, dopo l’Ascensione, e l’effusione
dello Spirito a Pentecoste gli hanno permesso di penetrare in modo
specialissimo in quel Cuore di cui nell’Ultima Cena aveva ascoltato
i battiti e di configurarvi il proprio cuore.
E’ naturale allora che quella speciale sintonia con il cuore di Gesù
l’abbia avuta anche con quello della Madonna, data la meravigliosa
armonia e corrispondenza tra il cuore di Gesù
e
il cuore immacolato di Maria.
Nel
suo Vangelo Giovanni presenta la Vergine nell’esercizio della sua
potenza di intercessione alle nozze di Cana, e nella sua universale
maternità di Grazia narrando la proclamazione di tale maternità da
parte di Gesù nel “solennissimo testamento della croce”...
Ciascuno può fare le sue riflessioni …
Ognuno
di noi sa di essere amato infinitamente da Gesù. Ci ha chiamati amici.
Ma questa amicizia che nasce dalla vita di Grazia deve essere continuamente
alimentata dalla Luce della Parola e dall’intimità con Dio che ha
come centro l’Eucaristia e che si fonda su una grande devozione a
Maria.
San
Giovanni ci esorta ad amare Dio e i fratelli per essere veri figli
della Luce. Noi della Piccola Opera vogliamo mettere al primo posto
i nostri fratelli Sacerdoti. Siamo loro vicini con la preghiera, l’offerta,
la partecipazione discreta e materna alle loro necessità spirituali
e materiali.
Ad
ogni Amica (ma ad ogni Figlia e a ciascuno di noi) Gesù ripete, nei
confronti di ogni sacerdote, “Ecco tuo figlio” e additandoci la Madonna,
“Ecco tua Madre” (cioè: sii devoto di Maria!)
Il
segreto per vivere profondamente l’ideale sacerdotale è “prendere
Maria nella propria casa” come Giovanni, stare con Lei, imitare i
suoi esempi, avere i suoi sentimenti… Soprattutto è ascoltare, e mettere
in pratica le parole della Madonna alle nozze di Cana: “Fate quello
che vi dirà”…
PER MEDITARE
Il
beato Tommaso Reggio
Mons. Guido Marini
Riportiamo una parte
di una riflessione tenuta da Mons. Guido Marini sul Beato Tommaso
Reggio, Arcivescovo di Genova dal 1892 al 1901. Ci soffermiamo particolarmente
sulla fisionomia spirituale di questo Beato genovese che prima di
svolgere il suo ministero episcopale a Genova fu chiamato ad essere
pastore della Diocesi di Ventimiglia
Alcuni tratti della sua fisionomia spirituale
Vengo ora a considerare alcuni tratti caratteristici della spiritualità
di Mons. Reggio.
Ci
resta un’interessante testimonianza sulla prima volta in cui amministrò
il sacramento della penitenza. Ascoltiamola: “In verità vi dico che,
tra le molteplici funzioni del mio sacerdotale stato quella che fece
sull’animo mio la più viva e possente impressione fu quando mi assisi,
per la prima volta, nell’umile tribunale della penitenza e, in nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ho perdonato. Sapete
perché? In quel punto, io mi sentii più che uomo, la qualità di ministro
di Gesù Cristo la vidi quasi sensibile in me e, mentre ebbi grandemente
a umiliarmi di me stesso, delle mie colpe, non ho potuto che altamente
benedire Dio che umiliat et sublevat che si vale delle cose
più vili e più contenibili al mondo, per compiere le sue grandi opere,
che premia con tanta larghezza di doni quella che io chiamo opera
per eccellenza della cristiana umiltà. Quest'opera mi stava dinnanzi
nella fronte canuta di un vecchio che si abbassava sotto la mano di
un giovane sacerdote, chiedendo perdono delle passate sue colpe”.
Già
queste riflessioni, confidenza di un’interiorità singolarmente ricca
di fede, suggeriscono quale alto senso avesse il Reggio della sua
vocazione sacerdotale. Egli era il ministro di Cristo, chiamato a
renderlo presente attraverso i suoi gesti e le sue parole, attraverso
l’intera sua vita. L’amore per il Signore lo spinse, ancora giovane,
a scolpirsi sul lato sinistro del petto, con un ferro infuocato,
il nome di Gesù, come poterono constatare i familiari che lo curarono
nell’ultima malattia. Chiara, in lui, era la percezione di un legame
privilegiato tra il sacerdozio e la santità: “Sono ecclesiastico –
scriveva -, è necessario ch’io sia santo[…]; dunque si mettano in
pratica tutti i mezzi per diventarlo. Costi quanto vuole, bisogna
arrivare […] Metodo di vita ed esattezza nell’osservarlo”. In un suo
quadernetto risalente ai primi anni del ministero, sono riportate
le sue meditazioni quotidiane. Al termine di ognuna di esse egli concludeva
così: “Mi voglio proprio far santo”. E quasi non ancora soddisfatto
sotto vi apponeva la sua firma.
Vediamo
qualche altra luce che viene a noi dall’osservare la vita interiore
di mons. Reggio. La volontà di Dio. “Anche il bene – amava dire –
non è veramente bene, ove non sia tutto secondo la volontà di Dio”.
“La più grande cosa di tutte è compiere in tutto e sempre la volontà
di Dio, e questa si compie attendendo con impegno e fervore a quello
cui egli stesso ci pose adesso tra le mani”. L’impegno assoluto a
evitare il peccato. “Purtroppo la malizia del peccato in se stesso
è poco considerata, Iddio me ne ha fatto comprendere qualche cosa
questa mattina. Pensai che anche il veniale è pure peccato, e però
abominevolissimo. Dio me ne guardi in avvenire”. “Bisognerà che mi
guardi bene dalla dissipazione, per cui eviterò con bel garbo le lunghe
inutili chiacchierate. Terrò sommo conto del fervore concepito, per
cui se mai venisse ad intiepidirsi, con meditazioni, ritiro o checché
altro, farò di ravvivarlo subito. Niente è più importante che salvar
l’anima e quelle cose che a ciò riguardano: dunque a queste, più che
a ogni altra, porrò diligenza e attenzione”. La carità. “Gesù Cristo
è carità e l’ecclesiastico deve esserne il tipo…La carità poi consiste
nell’avere sempre Dio in mente e tutto fare per lui”. “Userò sempre
qualche gentilezza a ognuno cui senta avversione: non usando invece
più degli ordinari uffici di carità a quello cui sentissi particolare
affezione. Amar qualcuno significa volergli bene e tutto quel bene
che possiamo”.
Osservando
con attenzione la vita del Reggio, come anche leggendo con cura i
suoi scritti e prestando ascolto alle testimonianze di chi gli fu
vicino, viene alla luce quello che possiamo chiamare il segreto di
mons. Reggio. Ne fa una bella sintesi padre Giovanni Semeria che ebbe
a dire del beato Arcivescovo: “Qualcuno poté crederlo più uomo buono
che sacerdote pio, più abile amministratore che asceta fervente. Ebbene
nulla sarebbe, storicamente parlando, meno esatto. Posso assicurarvi
ch’egli fu, come ogni vero sacerdote deve essere, uomo di preghiera
e di penitenza, di tal preghiera e di tal penitenza che, neppure coloro
i quali lo conoscevano da vicino, ed erano convinti della sacerdotalità
profonda del suo animo e della sua vita, avrebbero sospettate. In
fatto di penitenza, quest’uomo così moderno nel miglior senso della
parola, non rifuggì, neppure nella tarda età, da metodi che parecchi
amano chiamare medioevali”.
Ecco
bene descritto il segreto di Mons. Reggio: il binomio preghiera e
penitenza. In questo binomio fu il segreto del suo fascino spirituale
e pastorale, il segreto della signorilità del suo tratto, il segreto
di tanta eroica operosità a servizio del popolo di Dio a lui affidato,
il segreto della fecondità del suo apostolato, il segreto della pace
che egli portò ovunque si mosse. Preghiera e penitenza, in una vita
immersa nel soprannaturale rapporto di amore con il Signore. Ecco
il grande segreto di Tommaso Reggio, il segreto della sua santità
sacerdotale.
Giovane
sacerdote formulò alcuni importanti propositi riguardo alla preghiera.
Nei suoi appunti si riscontra una grande esattezza nella cura con
cui sottolinea le pratiche di pietà che devono ritmare la giornata:
recita dell’ufficio divino, del Veni Creator, dell’Angelus, la lettura
spirituale, la recita dl Rosario, la visita al Santissimo Sacramento.
Particolare attenzione è poi riservata alla Messa: “Nella Messa –
egli scriveva – userò tutta la devozione e raccoglimento possibile,
osservando bene le rubriche. Oggetto di particolare riflessione era
per lui “la Passione di Cristo: basta dire che è scuola di tutti i
santi”. Ed aggiunge: “Le darò tutti i giorni qualche pensiero: potrei
farlo prima o dopo la Messa, giovandomi di qualche libro adatto”.
Per tutta la vita ebbe una fervida pietà che si manifestava soprattutto
nella devozione alla SS. Eucaristia, alla Madonna, alla Chiesa e al
Papa. Il suo amore per Gesù eucaristico appariva dalla celebrazione
della Messa, dalla predicazione e dalla visita frequente al SS. sacramento.
Ogni volta che parlava dell’Eucaristia, soprattutto nei discorsi ai
chierici e alle suore, si infiammava. E così accadeva quando parlava
della Madonna, sempre con accenti di intensa tenerezza.
La sua
vita, intessuta di preghiera, rivelò nel corso degli anni un crescendo
di intimità con il Signore nelle lunghe ore dedicate al rapporto personale
con lui. Quando il lavoro episcopale riempì tutto il tempo della sua
giornata, il Reggio usò la notte per pregare. “Il sacerdote don Trucco
che talvolta accompagnava l’Arcivescovo durante le visite pastorali
in qualità di segretario, ricorda che una notte sentì nella camera
di lui prolungati rumori, come di persona che si trattenesse in veglia.
Attribuì ciò a qualche indisposizione e al mattino gli domandò se
si era sentito male; ma monsignore se ne sbrigò con una risposta evasiva
[…] Il secondo segretario […] una notte trovandosi nella villeggiatura
di S.Erasmo, in una camera attigua a quella dell’Arcivescovo, lo sentì
ad un certo punto sospirare con tanta passione, che fu indotto ad
alzarsi, persuaso doversi trattare di qualche malore. Andò presso
l’uscio della stanza di lui e sentì che recitava con gran fervore
il ‘Miserere’. Allora capì la cosa e, ammirando la pietà del suo Superiore,
se ne tornò al riposo”.
Vale
la pena ricordare anche come la preghiera fosse da lui intesa con
un globale atto di omaggio a Dio, e quindi comportasse anche uno stile,
un ordine, un’armonia di cose, di voci, di misure. E’ per questo che
si interessò anche delle suppellettili delle chiese e dei restauri,
là dove gli anni e l’incuria oscuravano il rispetto dovuto a Dio.
Si è
detto delle ore notturne passate in preghiera. Quelle erano anche
ore di penitenza, operata con battiture, flagellazioni per mezzo di
verghe, cilizi e catenelle. Il primo segretario di mons. Reggio a
Genova, don Giacomo Demartini, affermava di aver trovato una mattina
il pavimento e i muri spruzzati di sangue. E ricordava anche che spesse
volte l’arcivescovo nella sua camera percorreva il pavimento in ginocchio
recitando preghiere. Un giorno poi la domestica gli fece osservare
come sul letto dell’Arcivescovo stava, al posto del lenzuolo, il ruvido
tappeto di cocco tolto di sotto alla scrivania, dove Monsignore aveva
dimenticato di rimetterlo prima di uscire di camera. “Il vero profeta
– diceva Filone – quando parla tace”. E’ proprio vero, perché tace
e intanto ascolta un altro che parla. Così è stato per monsignor Reggio.
Ha parlato e ha parlato tanto, in molteplici modi. E tanto ha taciuto:
nella preghiera, nella penitenza, nella quotidiana e spesso nascosta
vita di fede. Ma mentre taceva ascoltava la voce del Maestro e da
quella voce apprendeva ciò che, subito, avrebbe dovuto dire a sé e
alle anime che gli erano affidate.
Si potrebbe,
si dovrebbe andare avanti. Ma noi ci fermiamo qui. Portando nel cuore
la figura spirituale del beato Reggio, quella figura spirituale che
noi desideriamo per ogni sacerdote e ogni vescovo anche ai nostri
tempi, anche per la nostra Chiesa. Perché questo si realizzi ogni
giorno di più preghiamo e operiamo. E concludiamo rivolgendo la preghiera
al Signore per l’intercessione del beato Reggio, con le parole che
il Cardinale Tettamanzi ha voluto scrivere di suo pugno:
A
Te, Eterno Padre, sorgente di ogni bene,
salgano la nostra gioia e il nostro grazie
per
il dono del beato Tommaso Reggio.
Sia
gloria a Te, per l’eroicità delle sue virtù,
per
la santità del suo ministero sacerdotale ed episcopale,
per
il suo esempio di preghiera e di penitenza,
per
la ricerca della pace che sempre l’ha animato.
A
Te, Signore Gesù unico salvatore del mondo,
salgano il nostro desiderio e il nostro proposito
di
imitare da vicino il beato Tommaso Reggio.
Ti
promettiamo un nuovo impegno di conversione,
uno
stile di vita animato dal dono senza riserve,
un
più grande amore alla Chiesa,
il
primato della spiritualità.
A
Te, Spirito Santo, Consolatore dei cuori,
salga incessante la nostra domanda.
Suggerisci ancora oggi a tutti noi
ciò
che hai ispirato al beato Tommaso Reggio.
Sia
sempre nel nostro animo il suo programma di vita:
“mi
voglio proprio far santo”;
sia
sempre sulle nostre labbra il suo ultimo anelito:“Dio, Dio, Dio mi
basta”. Amen.
PER MEDITARE
UNA
MISTICA DELLA SS.TRINITA'
Serva di Dio Itala Mela
Il 21 novembre 1976 è stata proclamata
"Serva di Dio" ed è in corso il processo di beatificazione.
Itala Mela è nata a La Spezia il 28 agosto 1904 dove ha vissuto,
dopo l'età giovanile, fino alla sua morte avvenuta il 29 aprile 1957.
La S. Comunione
L'anima sentirà allora il bisogno di unirsi al Cristo nella
sua partecipazione eucaristica alla S.Messa. Essa comprenderà che
solo Gesù potrà svelarle gradualmente i misteri della vita divina:
e che stretta a lui le sarà dato scendere in sinu Trinitatis. Mai
come negli istanti della S.Comunione potrà sperare d'essere oggetto
dell'amore del Padre e dei doni dello Spirito Santo: mai come in questi
istanti potrà osare di offrirsi al Padre per glorificarlo nel compimento
della sua volontà. Essa potrà chiedere a Gesù di introdurla nel sacrario
divino per amare con lui il Padre e per essere avvolta dal suo amore.
Gesù, attraverso il suo incruento sacrificio e con la partecipazione
alla sua mensa la renderà meno indegna di questo ingresso nel seno
della Trinità SS. Non voglio parlare di una grazia "sensibile": ma
della grazia reale che ciascuna Comunione può dare all'anima
che sappia chiederla e che sia consapevole di riceverla. Poiché
Gesù non si può unire ad un'anima senza stringerla a sé in sinu
Patris, siamo noi che riceviamo tali grazie senza comprenderle
e che spesso non ci curiamo neppure di penetrarle. Noi amiamo
esprimere il nostro grazie a Gesù con linguaggio spesso troppo retorico
e non sappiamo bene quello che egli fa in noi e per noi quando scende
nel nostro cuore. Attraverso il velo della sua umanità adorabile noi
giungeremmo alla Trinità SS., se noi sapessimo squarciare con la nostra
fede tale velo. Noi contempleremmo allora il Verbo incarnato nella
sua unità col Padre e con lo Spirito Santo, e comprenderemmo che stringersi
al Cristo è anche stringersi al Padre e allo Spirito Santo: "Chi ha
visto me, ha visto anche il Padre" . Per questo una pietà Cristocentrica
è anche una pietà trinitaria. Siamo nel cuore del dogma e della fede
nei suoi cardini: "Unità e Trinità di Dio, Incarnazione, Passione
e Morte di N.S. Gesù Cristo".
Una tale pietà è eminentemente "sacerdotale". Chi mai, più
dei suoi sacerdoti, Gesù desidera introdurre nel mistero della vita
divina? A chi più verrà rivelato tale mistero che a coloro che lo
rappresentano presso ì fratelli? Alter Christus! Se un sacerdote
deve ricopiare in sé quanto è possibile il Maestro, non dovrà forse
penetrare in lui, il Verbo, nel santuario celeste, per prendere parte,
per così dire, alla sua vita in sinu Trinitatis? Tale vita
non offre meno della vita "umana" di Gesù materia di meditazione.
Il solo pensiero dell'annientamento che la vita umana rappresenta
per il Verbo e dell'amore da cui ha avuto origine basterebbe a nutrire
di carità divina, di zelo e di sacrificio una intera vita sacerdotale.
In sinu Trinitatis il sacerdote si lascerà avvampare della carità che è Dio, sì lascerà compenetrare
della azione illuminante e consumante dello Spirito Santo, per comunicare
ai fedeli i suoi lumi e i suoi ardori in sinu Trinitatis, stretto
al Verbo, implorerà dal Padre il perdono per i peccatori, il dono
di una grazia crescente per i giusti: in sinu Trinitatis contemplerà
l'opera della Redenzione, di cui è stato eletto dispensatore e ministro.
In questo abisso comprenderà che una sola cosa è essenziale, la gloria
di Dio, e imparerà a tutto convergere verso questo fine supremo.
La
sua vocazione gli sembrerà veramente celeste, simile a quella che
il Verbo fece sua per ricondurre al Padre l'umanità. Di più in più
il sacerdote vorrà diventare unum col Cristo per la gloria
dei Padre e la salvezza dei suoi fratelli. E quanto più questo unum
diverrà realtà, tanto più Cristo rivelerà al suo sacerdote il
mistero della sua vita divina, della sua unità col Padre e con lo
Spirito Santo.
L'Ufficio Divino.
L'Ufficio divino diventa, per i sacerdoti e per i fedeli che vivono la
Inabitazione, la preghiera preferita dopo quella eucaristica. E' la
preghiera divina stessa, la preghiera che il Cristo eleva al Padre
attraverso il suo Corpo mistico, la preghiera suggerita dallo Spirito
Santo.
Nei
salmi, nelle orazioni, nelle lezioni l'anima coglierà lo splendore
delle verità eterne e delle perenni aspirazioni degli uomini. In essi
ora sentirà l'eco delle offerte e delle impetrazioni del Verbo, ora
l'eco delle promesse e della volontà del Padre. Il Gloria ripetuto
ad ogni passo richiamerà l'orante al pensiero del Gloria eterno che
risuona nei cieli e che Dio eleva a se stesso nell'anima sua. L'Ufficio
non è più allora un peso grave e sgradito, un compito da sbrigare
al più presto, ma il centro della propria pietà, il mezzo per unirsi
alla lode che tacitamente si perpetua negli abissi dell'anima santificata
dalla grazia. Il fedele sente, allora, che, se non sempre questa lode
può risuonare nel tempio materiale, sempre può effondersi nel tempio
mistico della sua anima per avvolgere come di un'incensazione spirituale
il tre volte Santo. Il fedele anelerà ripetere questo Sanctus mirabile
che è l'Ufficio divino nel profondo del suo cuore, come i Beati e
i Cori angelici lo ripetono nell'alto dei cieli (24). Lo ripeterà
non solo a nome suo, ma a nome di tutti i fratelli, cercando di immedesimare
questo piccolo Sanctus umano al vero Sanctus, quello che la Trinità
ripete a se stessa, l'unico degno di esserle presentato.
Preghiera
Abbiamo fatto quanto dovevamo
fare: SIGNORE, SIAMO SERVI INUTILI
(cfr. Lc. 17,10)
Aiutami, Signore, a capire
il significato autentico
e profondo
dell’ “inutilità” nel servire!
In me sento stridore
nel momento in cui amore,
dolore e calore
si fondono insieme nel
dono di me.
E, guardando vicino e lontano,
mi accorgo che il domani
mi avverte oggi, in maniera
pressante,
che non è già più mio
il lavoro delle mie mani!
Ed allora, Signore,
com’è che, nell’istante
presente,
mi chiami con tutto il
mio cuore
e con tutta la mente,
energie, affetti, pensieri
ed ore,
a farmi strumento di Te,
costruendo il tuo Regno
d’Amore,
se poi vedo, veloce, la
sera,
dissolversi e quasi annullarsi
quell’offerta, fatica e
preghiera?
Eppure in profondità
c’è pace e libertà!
C’è l’abbandono confidente
e sereno
di chi, semplicemente crede,
che non sempre è necessario
“vedere”
e, nel cadere e rialzarsi,
sente di non potersi più
appartenere.
C’è dolcezza nel darsi,
speranza nel consegnarsi,
c’è la fiducia che guarda
al di là,
a quel segno fecondo e
glorioso,
la croce,
che esprime, mio Signore
Gesù,
che il primo a spogliarsi
di tutto, sei Tu!
So che nulla è perduto
ai tuoi occhi, Signore!
E allora, sì,
stridore, calore, dolore,
amore,
si fondono insieme nel
dono di me,
guardando all’Amore più
grande
che mi ha preceduto e mi
ha dato fiducia,
mi ha fatto strumento di
Sé,
e sussurrando parole che
toccano il cuore
(ma che faccio talvolta
fatica a capire)
mi dice che Lui deve crescere
e io diminuire.
P.B. P.O.R.A.
Avvenimenti di casa
UN NUOVO PICCOLO-GRANDE COMPITO…PER LA CHIESA
Alla fine dell’estate,
su richiesta dell’Arcivescovo, insieme a due consorelle, abbiamo varcato
il portone del Palazzo della Curia, chiamate a far parte della “Famiglia
Arcivescovile”. Per me è stato un momento veramente importante e di
particolare e mozione e trepidazione. Ora sono nella Casa di S. Eminenza
il Cardinale.
Accanto
all’edificio, la bandiera genovese sventola sulla torre del Palazzo
Ducale, da secoli emblema della storia e delle vicende alterne di
Genova; il lato opposto si collega alla struttura della Cattedrale
di San Lorenzo accanto al campanile proteso come un faro verso
il cielo, verso l’Alto.
Perciò
questa sede, proprio per tale sua posizione e soprattutto per le mansioni
che in essa si svolgono, mi piace paragonarla ad un anello di congiunzione
tra i movimentati affari terreni e il richiamo verso l’Alto che dal
Duomo parte per diffondersi e comunicare significato e valore al quotidiano
vivere.
E’quindi fonte di gioia il fatto di trovarmi in questo ambiente e atmosfera
tutta particolare di intenti e programmazioni, dove anche il mio compito
piccolo e semplice si inserisce in un contesto molto grande per tutti.
Mi
rendo conto inoltre che il fatto di trovarmi qui incornicia le tappe
precedenti della mia vita religiosa “per i Sacerdoti “ vissute in
altre Case del Clero E le esperienze e i ricordi passati aumentano
in me la consapevolezza della preziosità del ruolo a noi affidato
per vocazione a vivere “nel cuore della Chiesa”.
In ogni singolo ambiente
della casa Maria è raffigurata da svariate immagini e ci viene così
sottolineata la sua costante presenza materna: e noi mettiamo nelle
sue mani la gratitudine e l’impegno per questa chiamata a vivere proprio
al centro della Diocesi.
Suor Luigina
"); //-->