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BREVE STORIA

... SEGUENDO IL RACCONTO DELLA FONDATRICE



LA FAMIGLIA E LO STUDIO

Suor Ada Taschera figlia di Natale e Ines Bonazzi nacque a San Giorgio di Mantova il 14 aprile 1903 in una patriarcale famiglia della campagna mantovana. Il padre Natale, imprenditore edile, notate le doti scolastiche della primogenita (dopo di lei nascevano due figli uno dei quali mori all'età di due anni), decise di iscriverla all'Istituto Magistrale. Nel 1920 Ada consegui il diploma di maestra e lo stesso anno si iscrisse alla Facoltà femminile di Magistero a Firenze, nel Corso di laurea in Materie Letterarie. Concluse gli esami nel 1924, rinunciando alla discussione della tesi di Laurea per seguire il fratello Aldo a Milano dove aveva trovato impiego, dato che la sua lontananza preoccupava i familiari.

Cosi scrive Suor Ada nella sua breve «Storia della Piccola Opera»: «(Nacqui) da una famiglia onesta, religiosa per tradizione, povera, di un paese di campagna, che mi ha fatto studiare con sacrificio, poiché era stato detto loro che sarebbe stato un peccato non farmi studiare con l'intelligenza che dimostravo... Mi sono trovata fuori casa giovanissima: a 16 anni ero maestra e a 21 anni e mezzo avevo già fatto i quattro anni di magistero a Firenze. Mi sono trovata nel mondo inesperta, se pur con un forte senso critico, senza solide basi religiose, un catechismo mal insegnato, non continuato perché nelle scuole allora non c'era né il crocifisso, né l'insegnamento religioso, e lontana dalla Chiesa perché, per un incidente successo con il parroco del mio paese, non avevo più frequentato la Chiesa».

NELL’AMBITO DEL LAVORO

Insieme al fratello Aldo, Ada visse alcuni anni a Milano dove fu assunta come impiegata presso la ditta Lagomarsino produttrice di macchine da scrivere. Nel 1928 la Taschera venne trasferita a Genova a dirigervi la filiale della Lagomarsino e contemporaneamente il fratello veniva assunto nella stessa ditta. Arrivarono a Genova il 28 febbraio 1928 e Ada Taschera iniziò subito il suo difficile compito direttivo tra numerosi impiegati. Trovò alloggio presso il Pensionato delle Suore della Purificazione in Via Serra, e lì conobbe la Signorina Teresa Carbonaro di Cividale del Friuli che divenne poi una grande amica e benefattrice della P.O.R.A.

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Come è sorta l'Opera?

 «Anch'essa ha radici nel mio sangue» - affermava Suor Ada. La sua mamma spesso ripeteva con una certa convinzione che uno dei suoi figli sarebbe stato «una grande cosa nella Chiesa»: pensava che il figlio diventasse Sacerdote e per questo pregava.
Il figlio invece si sposò con delusione della madre.
«Avevo tanto sperato di avere un figlio prete» - disse un giorno.  Ada la consolò: «Una cosa nella Chiesa  sarà quello che è morto piccolo, era un angelo ed è in Paradiso». Ma la mamma: “Eh no. Non è quello!”.  Al che Ada rispose: “Non sarò certo io!” e mentre diceva così sentì dentro una voce ben chiara: “E se invece fossi proprio tu?”. Come lei stessa racconta, “rispose” a quella voce con una scrollata di spalle. Tra l'altro era fidanzata e pensava di sposarsi, di formarsi una famiglia, ma il Signore... capovolse i suoi piani.

La Direttrice (come sempre veniva chiamata) parlava spesso, specialmente alle prime figlie, dei fatti che hanno preparato le origini della Piccola Opera e di conseguenza raccontava con estrema semplicità e chiarezza vari episodi della sua vita che hanno dello straordinario.
Affermava, tra l'altro, che il Signore l'aveva istruita direttamente e le aveva dato alcune prove tangibili servendosi soprattutto di sogni che poi si realizzavano. I primi sogni si riferivano a lei personalmente, al suo ambiente familiare e di lavoro, a vicende anche dolorose che poi si avveravano per filo e per segno. Il fatto che si avverassero era un modo per farle capire che doveva prestare attenzione ai sogni, ai quali normalmente non si dà importanza. Lei infatti ne avrebbe avuto di importanti e credibili che le avrebbero manifestato la Volontà di Dio circa l'attuazione di un meraviglioso disegno d'amore nella sua anima e nella Chiesa.

UN SOGNO

Ecco come la nostra Fondatrice racconta il sogno, uno dei tanti, che potremmo definire il «sogno delle origini».
Premettiamo che durante la seconda guerra mondiale, anche per la famiglia Taschera si rese necessario il trasferimento in un luogo lontano dai bombardamenti su Genova: dal 1943 al 1945 circa Ada visse a Pietrabissara, provincia di Alessandria e diocesi di Tortona, dove era parroco Don Valentino Vailati, poi Vescovo di San Severo  e infine Arcivescovo di Manfredonia - Vieste in Puglia.

«Si venne verso la fine della guerra e feci un sogno: sognai la chiesetta dove ero sfollata, spoglia, e il prete come fuggiasco... vestito in borghese e stazzonato... ma al suo fianco una statua di san Giuseppe. Cambiata scena era rimasta la statua di san Giuseppe, il Sacerdote di nuovo vestito dei paramenti sacri, scendeva verso di me tenendo alto l'Ostensorio; al che io confusa pensai: ma io non posso stare in piedi davanti al Santissimo ... e mi buttai in ginocchio e sempre in ginocchio mi trascinai sino alle balaustre dell’altare.
Questo sogno mi fece una grande impressione, non lo potevo scordare, capivo che dovevo dirlo ad un prete. Entravo in tutte le chiese, guardavo i Sacerdoti e scuotevo il capo: "Non era quello!” Venne la festa di S. Giuseppe, allora di pre­cetto. Io ero sempre sfollata a Pietrabissara.

Nella predica il parroco parlò di S. Giuseppe e come fosse stato avvertito in sogno. Andai al confessionale e gli dissi del sogno. Mi rispose “Ma questo è un bellissimo sogno!" al che io replicai: "Oh, no, io sono preoccupata per i Sacerdoti e per la Chiesa”. Nessuno può immaginare quel­lo che ho provato quando dalle mie labbra è uscita la parola “chiesa”… Mi venne davanti mia madre (ricordai le sue parole:"una grande cosa nella chiesa"), mi si agghiacciò il sangue. Ero io... e mi ricordai della voce di tanti anni prima. Tagliai corto, non proseguii, non dissi nulla di tutto questo. Ero una persona che in generale sbriga­va le cose a tu per tu con il Signore.
Al pomeriggio quando ritornai in Chiesa per il Vespro, il parroco lesse una preghiera: era la preghiera di S. Pio X che ora noi recitiamo tutti i giorni per la santificazione del Clero.
Quel giorno di tutta la preghiera non mi colpì che una frase: "confessiamo di esserci resi indegni di avere santi Sacerdoti... ".
Quando ritornai al confessionale, dopo otto giorni, il confessore mi disse: "Perché lei non fonda un ordine di suore?”- “Io? Ma neanche per sogno... Per carità, non ho mai avuto simpatia per le suore… Ma poi io nel sogno non ero vestita da suora… ero vestita così come sono ora” – “Ma non c’è bisogno, rimanendo così, in borghese, com’è vestita ora, per aiutare i Sacerdoti!”.
In seguito mi raccontò che la stessa sera in cui gli avevo detto del sogno, mentre era inginocchiato in camera a pregare, aveva avuto come una visione: aveva visto un gruppo di signorine in borghese che si davano dattorno a lavorare per i Sacerdoti. E ripeteva spesso: “io posso dire di aver visto questo”.

In quel paese io ero sfollata, quindi non ero fissa: ero di Genova per cui il confessore mi disse che L'Opera doveva sorgere a Genova, anche perché a Genova, essendo città grande, avrebbe potuto iniziare e prendere campo sen­za suscitare pettegolezzi.
Un'opera per i preti era cosa delicata... poi a Genova c’era il Card.Siri, uomo lungimirante, ecc. ecc. e a conclusione mi disse che conosceva un Sacerdote che aveva tenuto a loro, a Tortona, un Corso di Esercizi, che mi sarei trovata bene con lui perché era dotto e di preghiera, e mi spedì dall'allora Don Recagno.
Da tener presente che ero a Genova da quindici anni, ma non conoscevo l'ambiente ecclesiastico; non me ne ero mai occupata e non sapevo neppure cosa fosse l'Azione Cattolica. Questo era nel novembre del 1945, appena finita la  guerra».
La Direttice si informò e andò a confessarsi da Mons. Recagno per sei mesi con lo scopo di farsi conoscere “dicendogli pian piano tutto”.

GLI INIZI

Mons. Recagno era molto prudente e andava con i piedi di piombo... Infatti, quando la Direttrice gli parlò esplicitamente dell'idea di fondare un'Opera per i Sacerdoti, si mostrò decisamente contrario. La Direttrice non si scompose sicura che, se il Signore voleva l'Opera, nessuno avrebbe potuto opporvisi. Ma le si presentarono tali e tante difficoltà che ad un certo punto le venne il dubbio di essere “matta” (come lei stessa raccontava). Prese il treno e si recò nel mantovano per chiedere se nella sua famiglia ci fosse stato per caso qualche pazzo. Tranquillizzata dalla madre, decise di mettere a tacere la cosa affidando tutto al Signore. Sennonché, dopo un certo tempo, Mons. Recagno le disse di aver parlato con Mons. Pietro Zuccarino, allora Rettore del Seminario genovese (e poi Vescovo di Bobbio). Combinazione aveva avuto anche lui un'idea del genere e aveva formato un gruppo chiamato «le dodici stelle» con lo scopo di pregare per i Sacerdoti e i Seminaristi. Accolse pertanto con una certa benevolenza la Direttrice, incoraggiò la sua idea e anzi la mise subito al lavoro affidandole dapprima due seminaristi delle medie e poi parecchi altri orfani di mamma e bisognosi di aiuto. Tra l'altro bisognava lavare e stirare la loro biancheria personale ogni settimana.

LA PRIMA AMICA

Ancora la Direttrice racconta: Nel frattempo era arrivata a Genova dal Friuli la signorina Carbonaro la quale aveva sempre avuto l'intenzione di fare qualcosa nella Chiesa: voleva interessarsi di bambini e per questo una volta mi aveva portata a Piacenza, ma a chi me lo proponeva (di fondare un’opera per bambini), avevo risposto decisamente di no. Parlai alla Carbonaro dell'Opera per i Preti. Eravamo in via Martin Piaggio. Si fermò a capo chino, pensierosa, mentre mormorava... per i Preti... per i Preti... poi alzando il viso e guardandomi... “Non è cosa facile sa? Ma... ebbene se si deve fare per i Preti faremo per i Preti”.
Aveva accolto l'Opera e vi rimase fedele sempre e cominciò subito a lavorare e a rammendare le calze dei seminaristi».

La signorina Carbonaro era una persona facoltosa residente a Cividale del Friuli ed era solita passare l’inverno a Genova insieme alla sua governante. Era alloggiata presso il pensionato delle Suore della Purificazione, frequentato principalmente da giovani studentesse e impiegate.
Quando la Direttrice, all’età di ventitré anni, venne  a Genova perché aveva trovato un impiego presso la Ditta Lagomarsino, trovò alloggio presso tale pensionato e fu lì che conobbe la signorina Carbonaro.
La signorina Carbonaro aveva allora più di quarant’anni, amava molto la compagnia e i giovani e si era molto affezionata alla Taschera forse per la sua disponibilità ad ascoltarla e a conversare con lei.  Da notare che la Direttrice ha sempre affermato di “dedicarsi” alla Carbonaro unicamente perché aveva capito che aveva bisogno di compagnia e non per interesse. Le ragazze ospiti del pensionato avevano ben altri interessi e il loro tempo libero lo dedicavano in passatempi e divertimenti consoni alla loro età.
Tuttavia anche se il legame con la signorina Carbonaro era nato semplicemente come atto di cortesia, divenne poi un solido e profondo rapporto di sincera amicizia.

LE PRIME DUE FIGLIE E LE AMICHE 

«Avevo con me, in ditta Lagomarsino, due giovani: parlai loro della cosa, dello scopo e vi aderirono senza saper bene neppure loro come sarebbe andata .
...Eravamo poche, senza una sede nostra, senza posto dove esplicare il nostro lavoro, ma tutto questo per noi era niente: la ditta Lagomarsino divenne la nostra sede, il magazzino il nostro laboratorio, il lavandino dell'officina la nostra lavanderia e la finestra dell'officina che dava in piazza Santa Marta il nostro stenditoio...
Di giorno lavoravo e di sera, quando uscivo dall'ufficio, andavo di casa in casa a far propaganda dell'Opera: insistevo sul dovere di tutti di pregare per i nostri Sacerdoti e di aiutarli anche materialmente perché uscivano anche loro dalla guerra bisognosi di tutto. Ma era uno scopo che non tutti potevano comprendere, né che tutti comprendevano, ma in generale riuscivo a far breccia e a trovare corrispondenza e a legare all'Opera amiche fedeli».

ILCARDINALE SIRI BENEDICE 

«Intanto Don Vailati, parroco del paese dove ero sfollata, era diventato rettore del Seminario di Tortona, e scrisse al Cardinale parlando dell'Opera e chiedendo che venisse accolta». Da notare che il Cardinale era già stato informato da Mons. Recagno circa le intenzioni della Taschera; anzi aveva voluto conoscerla e parlare con lei. Però... non si lasciò convincere alla prima, preferì attendere e «stare a vedere». La lettera di Mons.Vailati volle essere come un sollecito ad una risposta.

«Mons.Zino (dell'Ufficio Amministrativo Diocesano di Genova) mi dette a sua volta dei nomi di Sacerdoti in necessità e mi consigliò di fargli avere ogni mese la distinta del lavoro che si svolgeva: l’avrebbe fatta vedere al Cardinale.

Questo atto fu determinante: di fronte ai fatti il Cardinale andò a rispolverare quanto gli era stato scritto in merito e dette il suo incoraggiamento e la sua benedizione. Era il dicembre 1947».

2 FEBBRAIO 1948

«E il 2 febbraio del 1948 si fece la prima funzione nella chiesa dei Sordomuti in Via Serra, chiesa mezza disastrata, buia, con Mons. Zuccarino, Don Recagno e assieme alle "12 stelle". Eravamo in tutto 12 come i primi apostoli. E’ stata la prima benedizione alla Piccola Opera Regina Apostolorum che si costituiva per volontà del Signore e patrocinata dalla tenerezza di Maria Santissima in ausilio al Sacerdozio» (dall'archivio dell'Opera).
L'Opera è del Signore e l'ha fatta Lui! Don Vailati ha suggerito l'idea per il so­gno inviato dal Signore, Mons. Recagno ha fat­to l'Opera con la sua santità e il prestigio del suo nome che apriva tutte le porte; Sua Eminenza, lungimirante ha accolto l'idea “passibile di grandi sviluppi” e ha dato la sua benedizione e io (Suor Ada)... ho fatto il galoppino del Signore e ho sempre tirata la carretta e la tiro tuttora.
L'Opera ha cominciato il suo cammino di meraviglia in meraviglia, di miracolo in miracolo e nessuno potrà mai descrivere la gioia di queste scoperte: solo chi le ha provate».

LA PRIMA CASA

Nel 1950 la Signorina Carbonaro disse: «Non potete continuare cosi, avete bisogno di una casa» e da Cividale, dove risiedeva, scrisse alla Direttrice di andare a vedere in Via Curtatone dove stavano costruendo e c'erano degli appartamenti in vendita. Ave­va a disposizione sei milioni e mezzo. La Direttrice pensando che non fossero sufficienti per acquistare in quella zona cosi bella e centrale, non osava informarsi. Poi si fece coraggio e telefonò all'Impresa Immobiliare. Incredibile ma vero: l'appartamento che sarebbe andato bene per la Piccola Opera costava esattamente sei milioni e mezzo! «Digitus Dei» esclamò in seguito Mons.Zuccarino. E cosi il 15 gennaio 1951 si ebbe la casa, la sede dell'Opera in Via Curtatone dove prima della guerra c'era il monastero delle Suore Riparatrici.

LE AMICHE

Nel frattempo il Cardinale riconobbe anche la Pia Unione delle Amiche della P.O.R.A. dicendo che ci sarebbero state di grande aiuto. E fu vero. Il riconoscimento porta la data del 27 dicembre 1950, festa di San Giovanni Apostolo, amico di Gesù.

I VOTI

7 ottobre 1951. Seguendo il racconto scritto dalla Direttrice leggiamo: «Il Cardinale disse anche che ora si potevano emettere i voti e fissammo il 7 ottobre: la prima domeni­ca di ottobre, festa della Madonna del Rosario. Intanto anche Don Vailati si era dato da fare: ci aveva fatto pervenire un piccolo regolamen­to con specificato lo scopo dell'Opera, un libretto di preghiere, dove io trovai quella preghiera che lui aveva letto nello stesso pomeriggio di quella domenica che in confessione gli avevo detto del sogno: la preghiera di S. Pio X per la santificazione del Clero con la frase "noi confessiamo di esserci resi indegni di avere santi Sacerdoti" e con il titolo dell'Opera: “Piccola Opera Regina Apostolorum” e disse che aveva dato il  nome della Madonna perché non dovevamo apparire noi. Consigliò anche di fare un foglietto: una piccola pubblicazione con le noti­zie dell'Opera, del lavoro, del suo fine. Per di­versi anni finché non fu eletto Vescovo e poi trasferito nelle Puglie a San Severo, il foglietto mensile lo compilava lui e portava in prima pagina, sempre, un pensiero sul Sacerdozio.
Del resto tutto e stato raccolto e questi foglietti  esistono tuttora». (Sono praticamente i primi numeri del periodico Piccola Opera Regina Apostolorum che continua ad essere pubblicato).

“Dopo essere state fissate le basi essenziali dell’Opera:
- “ci siamo resi indegni di avere santi Sacerdoti” quindi conseguente necessità di preghiera, immolazione e sacrificio per i Sacerdoti, figli prediletti della Madonna, continuatori della salvezza operata dal Figlio;
- dedizione per tutti i Sacerdoti e sostegno per ciascuno di essi senza considerazione di pregi e di meriti personali;
- profondo spirito di fede nei loro riguardi per vedere unicamente la sublimità della loro consacrazione e missione che va al di là di ogni eventuale fragilità umana,
l’Opera ha cominciato il suo cammino di meraviglia in meraviglia, di miracolo in miracolo e nessuno potrà mai descrivere la gioia di queste scoperte: solo chi le ha provate”.

LA SPEZIA

«Nel frattempo (1949) venne in ditta Lagomarsino un Padre Gesuita per la riparazione di una stampante e quella che fu poi una delle prime suore ne aveva approfittato per consegnargli proprio uno di quei piccoli regolamenti mandati da Don Vailati. Io non c ero. Quando me lo disse mi misi a ridere "Figurarsi! I Gesuiti così potenti se prendevano in considerazione noi!" e invece quel Padre Gesuita consegnò subito il nostro regolamento ad una sua penitente della Spezia che si presentò da noi il 29 agosto, festa della Madonna della Guardia. Lei ne parlò ad un'altra della Spezia e io cominciai ad andare a fare delle riunioni... a parlare dell'Opera. E andai tenacemente, ogni mese, per dieci anni consecutivi», mentre la prima Figlia di La Spezia oltre aver messo a disposizione la sua casa per le riunioni, si occupava dei seminaristi, lavando e riordinando la loro biancheria, provvedendo a portare le merende ogni settimana ecc.
                                      

Nel 1959 anche a La Spezia la provvidenza mandò una sede. La signorina Ines Rocca di Genova, amica della Piccola Opera, acquistò una villetta in vendita in via XXVII Marzo e provvide, a sue spese alle necessarie ristrutturazioni. 
Sorse così la Casa del Clero, chiamata anche Casa di Loreto per espresso desiderio della benefattrice. Essa infatti doveva essere come la casa della Madonna, quindi casa di Gesù, una casa che in quanto tale, fosse la più accogliente, la più adatta per ospitare i Sacerdoti.  


PERLETTO

Nel 1955, fidandosi profondamente del Signore e con l’aiuto della sua Provvidenza (che anche quella volta si manifestò attraverso il contributo della signorina Carbonaro), Suor Ada apri a Perletto in provincia di Cuneo una Casa estiva per Seminaristi e Sacerdoti. La richiesta di poter usufruire di una casa estiva venne da un Sacerdote prefetto in Seminario che, nonostante tutte le sue ricerche, non riusciva a trovare un posto adatto per portare i seminaristi in vacanza e quindi si rivolse alla Direttrice. Gli inizi non furono facili… Dopo molte peripezie e difficoltà, fu fatto l’atto d’acquisto di un castello,  ma il bello doveva venire.  Scriveva tra l’altro la Direttrice:”… Fatto l’atto d’acquisto ebbi un momento di scoraggiamento. La casa c’era, ma bisognava aggiustarla, ammobiliarla e a giugno farla funzionare. Avremmo avuto la forza? Fui tentata di affittarla, ma il pensiero che la signorina Carbonaro l’aveva comprata per l’Opera e per una destinazione ben precisa, m’incitò: ci mettemmo al lavoro e chiamammo a raccolta le Amiche. Chi ci regalava mobili, chi ci faceva offerte, chi acquistava un letto in memoria di un defunto, insomma l’11 maggio, festa di S.Antonino, si poté partire da Genova con un camion a rimorchio carico di mobili e quella stessa estate la casa fu aperta. I seminaristi ne approfittarono subito e si arrivò ad averne ventisette e tutti da mantenere!  E chi li manteneva? La Provvidenza impersonata nei Perlettesi… Chi ci pagava il pane per tutta l’estate, chi ci dava il vino, chi la farina, chi la verdura e la frutta.  E in seguito per poter affrontare le spese di gestione, a Genova si faceva ogni anno una lotteria. Anche Mons. Recagno si dava da fare per distribuire blocchetti di biglietti da vendere tra le persone che conosceva”.

A Perletto andarono anche molti Sacerdoti specie quelli che avevano bisogno di riposo e di cure e c’è chi ancora ricorda con riconoscenza e nostalgia i periodi sereni e corroboranti trascorsi nel castello in quei primi anni.

IL CONVITTO ECCLESIASTICO  

Nel 1957, il Cardinale Siri, dopo essersi consultato con i suoi Vicari, chiese alla Direttrice  se si sentiva di assumere la conduzione del Convitto Ecclesiastico: “Glielo affido come fosse la sua casa”. Suor Ada accettò l’incarico con sacrificio perché consapevole delle gravi difficoltà cui sarebbe andata incontro. Accettò per obbedienza, ma spinta da sincero Amore per il suo ideale.
Lasciò quindi definitivamente il mondo del lavoro per dedicarsi in modo esclusivo al servizio dei Sacerdoti risiedendo, insieme a due suore della PORA, nella casa del Clero in salita delle Fieschine.
La presenza al Convitto Ecclesiastico di Suor Ada, denominata da tutti «Direttrice», fu determinante. La casa che, come si legge in alcune relazioni di Sacerdoti, era in stato di notevole degrado, gestita da dipendenti laici che ignoravano la presenza di un Rettore e davano alloggio a  chiunque, aveva bisogno di una persona oculata, energica, con particolari doti organizzative, consapevole delle necessità fisiche e spirituali del Sacerdote per il quale occorre soprattutto profonda stima, rispetto e venerazione.  La Direttrice prese in mano con decisione il Convitto riordinandolo e iniziando a seguire i Sacerdoti ospiti con grande attenzione e sollecitudine materna.
Quanti problemi la Direttrice fece suoi e cercò di risolvere, prima con la preghiera e subito dopo con azione pratica e generosa! Purtroppo non fu sempre capita... Ma Suor Ada che aveva, tra le sue prerogative, un grande coraggio e una profonda rettitudine di intenzione, non si lasciò mai sopraffare dalle difficoltà. Ripeteva sempre che al di sopra di tutti c’è il Signore. Lui solo può giudicare. Occorre tanta fede specie quando si lavora per Lui e per i suoi ministri nei quali più che l’uomo occorre sempre vedere “il sacerdote”.

IL SEMINARIO DEL RIGHI 

Nell’estate del 1967 mons. Luigi Roba, Rettore del Seminario Maggiore, chiese alla Direttrice se eravamo disposte a prestare il nostro servizio anche in Seminario, specie per la cucina.  Le suore che c’erano da tanti anni avevano chiesto di essere sostituite.  La Direttrice ci pensò e poi accettò nonostante fosse, come lei stessa affermava, “un’impresa faticosa per le nostre forze…Quando accettai ho visto soltanto i futuri sacerdoti e l’Opera che li seguiva dal Seminario al… Convitto”.
Purtroppo nel 1979 si ammalò la suora della cucina e un’altra dovette subire un’operazione. Non si trattava di cose lievi e di facile guarigione per cui la Direttrice, con suo grande dispiacere, fu costretta a sospendere quel particolare servizio della PORA in Seminario.

LA PICCOLA OPERA A BERGAMO 

Nell’autunno del 1970 ci chiesero se potevamo andare a Bergamo in aiuto a tre Sacerdoti che desideravano fare vita di comunità. Poteva essere, oltre tutto, un modo per farci conoscere. Tra le suore c’era chi era entusiasta e disposta ad andare e la Direttrice accettò. Il Cardinal Siri al quale era stato chiesto un parere diede una risposta positiva definendo quella città “semenzaio di vocazioni”. In realtà le vocazioni non vennero e il Vescovo non si mostrò propenso ad accogliere l’Opera. C’erano già tante Congregazioni religiose nella sua Diocesi! Dopo sette anni di lavoro a servizio dei Sacerdoti e della comunità parrocchiale, si dovette concludere l’attività anche perché c’era bisogno di alleggerire il lavoro delle suore che erano nel Seminario del Righi.

LA CASA DI TIGLIETO

Intanto a Tiglieto era stata donata all'Opera una cascina in mezzo a un prato: Suor Ada la ritenne subito adatta per i campeggi estivi organizzati da Sacerdoti. Avviò con fiducia i lavori più necessari e il 1 ° Maggio 1973 arrivò il primo gruppo parrocchiale di ragazzi al quale ne sarebbero seguiti innumerevoli altri, ogni estate.

LE OBLATE

Nel 1968, nonostante la crisi religiosa della fine degli anni `60, la Direttrice fondò il ramo delle Oblate, consacrate della P.O.R.A che vivono alla maniera degli Istituti secolari.

LA CASA DI CHIAVARI

A Chiavari l’Opera aveva avuto in donazione una villetta con terreno attorno e la Direttrice la designò come «Casa Vocazionale Regina Apostolorum». Fu inaugurata nel 1985 dopo essere stata ristrutturata e attrezzata per incontri giovanili vocazionali e di preghiera nei fine settimana.

 Il Signore aveva dotato Suor Ada di una fiducia immensa nella sua Provvidenza e nella Madonna, fiducia sempre alimentata nella preghiera, ed inoltre le aveva donato un'intelligenza operativa senz'altro fuori dell'ordinario, un'intelligenza arricchita da un grande senso pratico e da una intuizione profonda.
Ella mise queste doti a servizio dei Sacerdoti e della Piccola Opera, tanto che molte sono le testimonianze di coloro che ricordano questa donna eccezionale nella fede e nella forza interiore.

Ancora nel 1986, a 83 anni, curava e scriveva tutto il bollettino della P.O.R.A., senza contare tutte le varie attività apostoliche a cui partecipava da ideatrice: la guida della comunità religiosa, del Convitto, dell'Associazione Familiari del Clero (iniziata insieme a Mons. Luigi Roba nel 1972), la cura delle postulanti, dei singoli Sacerdoti che da lei cercavano consiglio e incoraggiamento, le relazioni con il Seminario, la Curia e i Superiori ecclesiastici, ecc.

Purtroppo il 23 maggio del 1987 subì un doloroso incidente...
Da quel giorno, anche se apparentemente, dopo il ricovero in ospedale ecc. pareva che la Direttrice si fosse ripresa, la situazione cambiò. Come aveva pronosticato il medico la Direttrice non sarebbe stata più come prima perché il trauma subito l’aveva segnata profondamente.
Conduceva una vita normale ma non aveva più la “grinta” che l’aveva sempre caratterizzata.
Trascorreva la maggioranza del suo tempo nella portineria del Convitto: riceveva le persone, rispondeva al telefono ecc. , ma era piuttosto taciturna e assorta. La corona del Rosario era sempre tra le sue mani e sgranava molti Rosari per tutti: per le suore, i Sacerdoti, le vocazioni ecc.
Si era prefissato una specie di programma in questa sua preghiera e sull’agenda della scrivania (in alto, sul margine) notava a che punto era arrivata nella recita dei suoi rosari per non dimenticare nessuno.

LA P.O.R.A. DIVENTA CONGREGAZIONE

Il 2 febbraio 1994 ebbe la gioia di vedere la P.O.R.A. eretta a Congregazione religiosa di Diritto diocesano dal Cardinale Giovanni Canestri; l' 11 marzo dello stesso anno con commozione fece la professione perpetua e tutte le sue Figlie la fecero nelle sue mani. Spesso, lei, donna schiva ed essenziale, guardava con fierezza l'anello nuziale della Professione e non lo toglieva mai.

Il 6 ottobre 1995 cominciò a star male e, per le varie complicazioni, a fermarsi a letto. Passò un mese in queste condizioni, sofferente e serena, trovando sollievo nella preghiera e nella presenza delle sue Figlie.
Il 7 novembre si spense serenamente andando incontro al suo Signore amato e servito nella fedeltà di una vita offerta per i Sacerdoti.